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VITE DI GINIUS scritto, diretto e interpretato da Max Mazzotta, produzione Libero Teatro

24 Gen 2022 | Accredito Teatro

(Sala Umberto – Roma, 17 gennaio 2022)

Il monologo scritto dall’artista cosentino Max Mazzotta è un laboratorio complesso di immagini, suoni e linguaggi. È il racconto di un’anima condannata a vagare da un’esistenza all’altra finché un gesto compiuto per amore non le restituisce la pace.

 

Per seguire il monologo di Max Mazzotta bisognerebbe stare in una condizione temporanea di alterazione. Una mente vigile e razionale fa fatica a seguire il turbinio delle immagini, dei suoni e dei molteplici linguaggi usati dall’attore. Il dinamismo visivo e sonoro contrasta con la staticità dell’attore, fermo in un punto del palco, come sospeso in un universo luminoso. La sua statura vocale cavalca le più svariate espressioni linguistiche, dalla prosa dialettale ai versi poetici fino all’invenzione di una nuova lingua. L’impatto con i primi momenti dello spettacolo è violento. È come se improvvisamente la materia attorno esplodesse in mille pezzi, riportando a un grado zero lo spazio e il tempo in cui siamo immersi. Il contributo alla creazione di questo stato allucinatorio è anche di Serafino Sprovieri alla consolle luci/video e di Vladimir Costabile a quella audio.

Vite di Ginius racconta il viaggio metafisico di un’anima, condannata a reincarnarsi in esistenze vigliacche e meschine, fino a che un gesto ultimo, eroico e coraggioso, non la redime dagli errori commessi. L’anima mantiene la sua coscienza ma non il suo corpo, così è costretta a ripercorrere nel ricordo chi è stata nell’arco di mille lunghi anni.

Nella prima vita era un’anziana signora calabrese che si ritrova spettatrice inerme di un tragico incidente da lei in qualche modo causato. Negando a un bambino un po’ di quell’acqua con la quale aveva riempito la sua brocca, questo si sporge e cade nel pozzo dove lei aveva appena pescato. La memoria fa poi un salto di qualche decennio e ci ritroviamo nel negozio di calzature di Nanni, nella Roma degli anni ’60. Anche questa volta il passaggio dell’anima sulla terra si risolve con un atto di vigliaccheria. Nanni infatti rifiuta di difendere una ragazza innamorata di lui, uccisa dalle percosse a cui la sottoponeva il fratello. Il tema della violenza tra fratelli ritorna nella storia successiva, svolta ai giorni nostri. Gianni è geloso di Nino, soprattutto perché bisognoso di attenzioni. L’invidia lo consuma e, in seguito a un improvviso attacco di rabbia, lo costringe a compiere l’atto fratricida.

L’anima infine si incarna nel corpo di un militare assoldato dal più crudele e rigido dei governi alla fine del terzo millennio, una sorta di cervello informatico che comanda di eliminare qualsiasi tipo di sovversione. La morte doveva colpire Nina, ma lei riconosce nello sguardo del suo carnefice l’uomo che nelle vite precedenti aveva rifiutato di aiutarla. Ginius si commuove e la salva, facendole da scudo con il suo corpo quando la macchina spara il suo colpo mortale. Questo atto di altruismo lo libera e finalmente può ricongiungersi con la materia che forma l’universo e continuare il suo viaggio infinito nella pace e nel riposo. Il limbo in cui ci aveva trascinato Max Mazzotta all’inizio trova quindi la sua spiegazione. Tutto è compreso tra ciò che è immanente, la nostra vita sulla terra, e ciò che ci trascende, una volontà giudicante che aspetta di vederci compiere un gesto eroico e di giustizia.

data di pubblicazione:24/01/2022


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