L’umanità, le sue contraddizioni, il mondo nella banalità e nelle sorprese, come osservati da un piccione appollaiato su di un albero. Sguardo ineffabile, ironico, toccante, desolato, onirico, a volte lisergico, più spesso assurdo come uno Ionesco o un Beckett in ritardo di mezzo secolo.
Non c’è granché di nuovo nella filosofia e nei pensieri di questo piccione e nemmeno nel suo linguaggio, ma ci sono sprazzi di pura poesia e una bislaccheria che non puo’ non incantare.
A colmare qualche lacuna supplisce una messinscena perfetta, i 39 quadri di questo affresco sono davvero precisi in ogni dettaglio visivo. Divertitevi a osservare tutte le posizioni e i minimi movimenti dei componenti dell’insieme nelle varie scene: nulla è lasciato al caso.
Dopo i primi tre “incontri con la morte”, il resto è volutamente frammentato e affidato a un sottilissimo trait d’union rappresentato da due buffi venditori di scherzi di carnevale e a un refrain che sottintende piccole e grandi solitudini: mi fa piacere sapere che state bene ripetono i personaggi al telefono con un tono dolente e in un ambiente squallidamente atemporale dove i cellulari ci sono, ma anche i soldati a cavallo e dei vecchi caffè senza stile.
Autore di poche opere, di cui nessuna uscita in Italia, questo Roy Andersson, e il suo humour scandinavo forse non meritavano il Leone d’oro, ma i suoi “ quadri “ ci resteranno dentro.
data di pubblicazione 26/02/2015
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