(Festival Internazionale del Film di Roma 2014 – Gala)
Il film Tre Tocchi di Marco Risi regala al pubblico un racconto a tratti dispersivo degli uomini e dei ragazzi del Cinema italiano che provano per affermarsi come gli eredi di Manfredi e Gassman. Si tratta delle storie, in parte vere, condivise con il regista da un gruppo di attori in occasione delle partite di calcio della squadra attori fondata a Roma da Pasolini. Da un lato, i quarantenni che, dopo l’Accademia, anni di teatro e il successo ormai svanito di qualche fiction che va in replica sui canali satellitari, devono ripiegare sui casting per spot pubblicitari e, dall’altro, i trentenni bramosi di gloria che per avere tutto e subito, scendono a compromessi e ricadono nei soliti cliché. A riflettere la comune insoddisfazione e le incertezze dei protagonisti c’è il Padre nostro che, come una litania, accompagna e guida l’intero film: in realtà si tratta semplicemente delle battute che ossessionano i protagonisti, nella disperata ricerca della convocazione per un provino che potrebbe segnare la loro svolta artistica. Ovviamente, l’epilogo è amaro, soprattutto per i sopraggiunti limiti di età dei due attori quarantenni che, disincantati e un pò smarriti, si interrogano sul senso della propria vita e si dimenano tra dolori familiari irrisolti, qualche rimpianto e il secondo lavoro da cameriere. Insomma, tanta amarezza sorregge un groviglio di storie frammentate, che talvolta si perdono in divagazioni superflue, all’insegna di una visione arida e machista del mestiere di attore, in cui gli ostentati nudi e la presunta forza brutale degli attori, calciatori e boxer nel tempo libero, prendono il soppravvento sul sacro fuoco dell’arte, sulla sensibilità e i sentimenti. Il mestiere dell’attore pare appunto debba ruotare introno ai “tre tocchi” del giuoco del calcio, concetto avvalorato dall’assenza della donna “attrice”; ed anche se poi sul finale del film quei “tre tocchi” sono rivisitati in chiave opposta alla virilità ostentata lungo l’intera pellicola, e seppur il film rimane fedele ai ritratti amari firmati Risi (il quale cita Moretti con le parole sono importanti e rispolvera la sedia del Regista Fellini), non riesce comunque a centrare l’obiettivo e non ci fa entrare in empatia con i protagonisti, sebbene interpretino sé stessi con i loro nomi veri, lasciandoci ancora troppo nostalgici per gli attori italiani del passato.
data di pubblicazione 22/10/2014
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