Tratto da un articolo comparso sul New York Times, la storia è quella di Earl Stone, anziano floricoltore in disgrazia che, cooptato da un cartello di trafficanti, in virtù della sua abilità nella guida del suo pick-up (con cui ha raggiunto 41 stati su 50 senza mai prendere una contravvenzione e senza essere mai fermato dalla polizia), diviene un corriere della droga. Ovviamente ci saranno problemi…
È una storia vera e paradossale, trattata alla maniera dell’ultimo Eastwood, questo gigante della cinematografia, in grado a quasi novant’anni(è del 1930) di sfornare film e interpretazioni di costante altissimo livello. Da quando Sergio Leone lo scherniva dicendo che aveva solo due espressioni da attore “una col cappello e una senza”, l’affascinante cowboy nato nella serie tv Rawhide e assurto alla fama con i western all’italiana dello stesso Leone, ne ha fatta di strada raggiungendo vette autoriali e interpretative, assolute. Regista onnivoro, conservatore in politica, ma capace di trattare temi scomodi a livello sociale come neanche Dalton Trumbo, negli ultimi anni, Clint Eastwood, ha sfornato, da regista, autentici capolavori, cito a caso, le due pellicole su Iwo Jima, Gli Spietati, Mystic River e Gran Torino con il quale, idealmente, si collega il film in questione. The Mule, infatti, al di là della trama apparentemente “nera” (in fondo tratta di attività illegali) è una commedia o se preferite una tenera ballata e il vecchio Earl ricorda moltissimo l’anziano burbero di Gran Torino, questa volta, però, in salsa “light”. I toni prevalenti del film sono infatti leggeri, Clint/Stone, attempato floricoltore dell’Illinois, è una simpatica vecchia canaglia, innamorata più dei suoi fiori che della sua famiglia, ascolta musica country, la canticchia, fa il cascamorto con le donne a prescindere dall’età (sua e delle donne), appena può balla, scherza e gigioneggia. Non è però un personaggio positivo a tutto tondo: è egoista, un po’ vanesio, a volte cinico, e, torto più grave, nella sua lunga vita sa di essersi sistematicamente dimenticato di tutti gli eventi importanti di figli, nipoti e specialmente della devota moglie. Perchè parlare, allora, di commedia o di una ballata sentimentale e non di un noir, perché ad una lettura più attenta sono i temi drammatici a inserirsi in quelli soft della commedia e non il contrario. Anzi, se proprio vogliamo evidenziare difetti, in una pellicola che scorre fluida e leggera per buona parte della durata, questi sono legati alle virate sulle parti drammatiche o su quelle esageratamente “buoniste” (vedi l’incontro con l’agente della DEA o quello al capezzale della moglie morente), forse un logico dazio pagato alla non più giovane età del protagonista e francamente distonico rispetto all’andamento complessivo della pellicola, una sorta di tardiva redenzione …
La storia non è nuova, altri film e fiction (su tutte Breaking Bad) hanno affrontato storie vere e paradossali enfatizzandone il senso grottesco, ma la grandezza di Eastwood sta nell’apparente normalità con cui tratta un tema rischioso e in realtà drammatico come quello della droga e dei suoi cartelli. Ma lo fa, da par suo, con una leggerezza e un’ironia capaci ancora una volta di lasciare il segno. Il Corriere, forse non è un capolavoro, ma certamente un’occasione da non perdere per lo spettatore/trice anche e/o soprattutto perché la sola ingombrante figura del protagonista, alto, ancora bello, elegante, onesto nel non voler nascondere i segni del tempo, in termini di mera presenza scenica, sovrasta gli altri bravi comprimari, tra cui un asciutto Bradley Cooper (l’agente DEA) e una intensa Dianne Wiest (la trascurata moglie).
data di pubblicazione:10/02/2019
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Ho trovato questo film godibile al pari di Old man & the gun con il grande Robert Redford. Entrambi questi mostri sacri, senza nascondere i segni del tempo, ci hanno regalato due commedie ironiche, divertenti, lievi. Sicuramente un film da consigliare. Bella recensione
Condivido appieno la recensione,infatti nonostante alcune sbavature sentimentali tipicamente americane, ho trovato magistrale l’interpretazione che Eastwood ha saputo dare di questo personaggio tratto da una storia vera, dopo undici anni da “Gran Torino” quando pensavo che fosse insuperabile nel dirigere se stesso. E invece ad 11 anni di distanza , quasi novantenne, quest’uomo riesce ancora a sorprendere il suo pubblico per il fascino, l’ironia, l’eleganza,la presenza scenica e non ultima l’abilità dietro la macchina da presa. “The mule” è secondo me un film particolare che rispecchia molti tratti caratteriali dell’uomo che lo interpreta e del suo attuale momento di vita: il suo orgoglio generazionale , il suo essere diretto , senza filtri ma allo stesso tempo inappuntabile, la sue riflessioni autocritiche che lasciano però subito il posto all’ironia senza entrare mai nel dramma anche quando il tema trattato lo richiederebbe. Magnifico.