(Teatro Belli – Roma, 8/10 novembre 2019)
Chiusi nel loro appartamento al quinto piano, Jane e Mac fanno i conti con il disastro causato dal cambiamento climatico ormai diventato irreversibile. La visione di un melo che nasce dal pavimento potrebbe riaccendere la speranza in qualcosa di bello.
È una serata particolare al teatro Belli di Trastevere, la sala si riempie in fretta e si ascolta un cicaleccio continuo ma disciplinato. Prendono posto in poltrona decine di ragazzi di un liceo romano, lo spettacolo è sul palco e in platea. Non capita spesso infatti – ma capita – di vedere tanti giovani a teatro tutti in una volta. Il tema della serata deve interessarli molto se sono qui, e se coinvolge loro coinvolge anche noi. Come in un immaginario prolungamento di una delle piazze che vediamo animate ultimamente in tutto il mondo dal movimento di protesta per il cambiamento climatico Fridays for Future, ci accorgiamo che The garden è in sintonia con la loro battaglia. Ed è anche venerdì sera.
La scena si svolge all’interno di un appartamento tutto grigio. Dello stesso colore sono vestiti i due protagonisti. L’atmosfera è triste, pesante. Jane (Arianna Mattioli) è seduta a terra davanti a un televisore che ininterrottamente trasmette il discorso di Greta Thumberg del Summit sul clima all’ONU dello scorso 23 settembre. È depressa e non esce di casa, parla poco avvolta nella sua vestaglia pesante, che la protegge dal mondo. Suo marito Mac (Lorenzo Lavia) da poco è stato preso a far parte di una sottocommissione che dovrebbe occuparsi di risolvere il disastro climatico in atto. Il problema è che non ci sono soluzioni al problema: ogni tentativo è un vuoto esercizio. I due non hanno figli, non hanno speranza. Per loro solo il palliativo delle pillole antidepressive e del vino, tanto vino, unico corroborante.
All’improvviso appare un bozzo dal pavimento di linoleum. È il germoglio di albero di melo spuntato per caso dal nulla o una visione connessa con la malattia mentale della donna? Di sicuro un pallido tentativo dell’immaginazione di sforzarsi di vedere il bello dove ormai non è più. L’azione si blocca davanti a questa verità: la mano dell’uomo ha distrutto ogni cosa vivente e non c’è possibilità per un nuovo Eden/giardino/speranza di poter crescere.
La coppia Mattioli/Lavia dimostra complicità sul palco pur manifestando una certa diversità nello stile di recitazione: silenziosa e intima lei, agitato e nervoso lui. Uno sbilanciamento forse dettato anche dal testo, che tuttavia offre spunto per riflettere sulla condizione del nostro pianeta e sulla posizione che dovremmo prendere rispetto alla crisi che ci sta investendo.
data di pubblicazione:09/11/2019
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