La storia di un marchio e di un’impresa che contribuiscono a definire il volto della ristorazione postmoderna e globalizzata, ma anche l’anima nera di un sogno americano disposto a cedere al compromesso dell’ascesa (sociale prima ancora che economica) senza scrupoli pur di appropriarsi di un’idea e di “fondarne” il successo. La storia del marchio McDonald’s e degli archi dorati che hanno unito il mondo portata sul grande schermo da un impeccabile Michael Keaton.
I fratelli Dick e Mac McDonald (Nick Offerman e John Carroll Lynch) riescono a risollevarsi dall’abisso della crisi economica del 1929 con un’idea tanto semplice quanto geniale: superare l’ormai vetusto e inappagante modello del Drive in attraverso un ristorante senza stoviglie, senza tavoli, senza camerieri. Un’efficiente catena di montaggio garantisce che un gustoso hamburger e delle patine fritte sempre dorate al punto giusto arrivino in pochi secondi in un sacchetto di carta e quindi tra le mani affamate dei clienti. Niente attesa, niente ordini confusi da cameriere troppo intente a evitare le insidie degli avventori, niente facce poco raccomandabili dentro e fuori il locale. Il know how si chiama “metodo espresso”. Il risultato risponde al nome di McDonald’s: un paradiso per famiglie destinato a rivoluzionare il modo di fare e concepire la ristorazione.
Per i fratelli McDonald, però, la rivoluzione passa necessariamente attraverso un controllo minuzioso della qualità: non sono disposti a cedere sul numero di cetrioli o sulla quantità di senape che compone ogni hamburger, anche se questo significa rinunciare alla possibilità di estendere il marchio attraverso un sistema di affiliazioni che, muovendo da San Bernardino, porti gli “archi dorati” in giro per l’America. L’incontro con Ray Kroc (Michael Keaton) sconvolgerà le vite e i principii di Dick e Mac e farà di McDonald’s il nuovo simbolo dell’America postmoderna, accanto alle croci delle Chiese e alle bandiere dei Tribunali.
Con The Founder Jon Lee Hancock raccoglie la difficile sfida di raccontare l’anima nera del sogno americano, l’ambizione senza scrupoli di chi, non avendo idee in grado di imporsi sul mercato, non esita ad appropriarsi delle idee altrui, la guerra “ratto contro ratto” che regola il mondo degli affari. Il tutto senza però sconfinare in tinte noir o drammatiche e senza cedere alla tentazione di scavare nelle viscere esistenziali degli uomini che hanno contributo a “fondare” il mondo globalizzato (vedi, tra i tanti, Steve Jobs). Ray Kroc è banalmente spregiudicato, desideroso di un’ascesa sociale (prima ancora che economica) che non ha nulla di incomprensibile e che in certi momenti riesce addirittura a generare una sinistra empatia nello spettatore.
La prova di Michael Keaton, dopo la ribalta mondiale di Birdman e Il caso Spotlight, è impeccabile. La pochezza e la straordinarietà di un uomo che ha “fondato” un impero si amalgamano impeccabilmente nel personaggio di Ray Kroc e i quasi 120 minuti di proiezione scorrono senza difficoltà tra le pieghe di una storia ben costruita e ben raccontata.
data di pubblicazione: 17/01/2017
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Non avrei saputo descrivere meglio il film, ma non gli avrei dato ottimo e per un motivo preciso:non spiega come e quando gli archi dorati siano diventati la M di McDonald’s!!! La cosa mi ha stupito, considerata l’importanza che il nome ha rivestito in tutta la faccenda…