Greg (Dave Franco), aspirante attore, rimane colpito dalla carica emotiva di un tipo alquanto bizzarro di nome Johnny Wiseau (James Franco). I due diventeranno amici e con reciproco entusiasmo e mezzi economici di incerta provenienza, partiranno per cercare fortuna a Hollywood, coltivando il sogno di realizzare un film.
Non tutto andrà, però, nel verso giusto, anche se, dopo alterne vicende l’idea folle di The Room si attuerà con esiti diversi da quelli sognati: il film scritto diretto interpretato e prodotto da Tommy, passerà infatti alla cronaca e sarà ricordato come il film- più brutto- della -storia-del cinema.
A James Franco manca solo di presentare il Festival di Sanremo, dopo di che potrà dire a se stesso e al mondo di aver provato e fatto di tutto. Culturalmente onnivoro: spazia tra cinema (attore, producer, sceneggiatore, regista), letteratura (la raccolta di poesie Directing Herbert White), TV e musica, testimonial di Gucci, piuttosto alternativo nelle scelte esistenziali, è incappato di recente nella “sindrome Weinstein”, quando con il suo Disaster Artist veleggiava spedito verso gli Oscar tradito da accuse a suo carico di comportamenti sessuali inappropriati.
La tragicomica genesi di The Room ha finito con l’accumunare accanto a quello del suo autore, lo sciroccato Wiseau, anche James, qui regista e attore, in una immeritata mezza debàcle. Occorre invece dirlo che il giovane Franco, al di là di un ego spaventoso, ha certamente diverse frecce all’arco del suo innegabile talento.
La pellicola di cui si tratta ha ricevuto stroncature forse più legate a fatti emozionali, ma anche plausi e riconoscimenti. Si tratta, infatti, di uno dei suoi migliori lavori, già premiato ai Golden Globes, e pur trattando ancora una volta il tema del cinema che racconta il cinema (tanto per cambiare il film è tratto da Una Storia Vera, altra costante della cinematografia USA), la pellicola ha un suo perché.
Non siamo dalle parti di Effetto Notte di Truffaut e nemmeno di 8 e ½ di Fellini, semmai possiamo pensare a Ed Wood di Tim Burton, ma The Disaster Artist è un making of paradossale con momenti interessanti, divertenti e drammatici e si avvale di buone interpretazioni e azzeccate caratterizzazioni. Il Tommy Wiseau è indubbiamente un personaggio e le sue insicurezze e follie, oltre al suo inquietante accento (nel doppiaggio orientato verso una parlata con intonazione “slava”) sono nelle corde di James Franco, in sintonia e in gara con l’ottima prova del fratellino Dave, succube dell’amico “disastroso”. Il limite è forse nel continuo ondeggiare fra dramma e commedia, senza optare per un solo registro, salvo pensare che sia proprio questa la strada scelta dell’ecclettico regista.
Tratto da un romanzo di Greg Sestero e Tom Bissel, ben fotografato e sorretto da una buona colonna sonora, il film mette a fuoco assurdità e misteri dell’industria cinematografica e risulta in ultima sintesi un film godibile seppure con qualche riserva. Nei titoli di coda appare il vero Tommy Wiseau e si legge che ad oggi, The Room è oggetto di un piccolo culto, con lo stesso Tommy che gira il mondo per proiezioni speciali (l’ultimo dell’anno in particolare) in cui cavalca, ormai, l’ironia involontaria e non prevista dal suo iniziale progetto.
data di pubblicazione:11/02/2018
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Quel retrogusto amaro/reale rende il film una vera pellicola da vedere. Raccontare una storia umanamente parlando, senza cadere nel ridicolo e senza essere esagerati. Bel lavoro di Franco e tutto quello che ne concerne, il mondo del cinema è fatto anche di questi personaggi e di questi film.
Come premessa devo confessare che, pur apprezzandolo, non amo molto l’eclettico, talentuoso ed eccentrico J. Franco, un attore pur capace di passare dalla saghe di Spider Man e del Pianeta delle Scimmie a film ben più impegnati. Stimolato però dalla recensione e convinto che, essendo fuori dei sentieri della grande distribuzione, questo film corra il probabilissimo rischio di “sparire” e divenire presto “un mito poco visto” come “the room” di cui vuole raccontarci il making of, sono corso a vederlo.
Devo convenire che i pregiudizi sono sempre fallaci, convengo che il film è ben scritto, con una messa in scena fluida e di apprezzabile intelligenza. Ottima la capacità interpretativa degli attori tutti. Più che un biopic o la solita storia “del film nel film” , è certamente una graffiante ed intelligente commedia sui costumi hollywoodiani ed un canto d’amore per il Cinema, anche quello destinato al “fallimento”.