La tredicesima settimana digital del Teatro di Roma, dal 16 al 21 giugno, ha continuato a riservare interessanti proposte su tutti i canali social (Facebook, Instagram, YouTube) dello stessoTeatro, tra cui si segnalano l’incontro di Giorgio Barberio Corsetti con il giovane scrittore Valerio Mattioli. Nel contempo dal 15 giugno il Teatro di Roma ha riaperto alla città, agli artisti e al pubblico, per un ritorno graduale e modulato negli spazi fisici propri.
Al Teatro Argentina sono iniziati i provini per la selezione del gruppo di interpreti che comporranno i prossimi cantieri produttivi del Teatro di Roma e le prove della compagnia diretta da Giacomo Bisordi per l’allestimento del nuovo spettacolo; mentre al Teatro India si avviano le prove dei nuovi debutti di Muta Imago con Sonora Desert, Industria Indipendente con Klub Taiga, e Frosini/Timpano con Ottantanove, tutte creazioni produttive che saranno in programma nella prossima Stagione. A questi primi ingressi si aggiungerà progressivamente l’entrata di altre compagnie e artisti in prova.
Anche il Teatro Valle riapre alle mostre, dal 25 giugno, con un omaggio alla grande famiglia d’arte che tutto il mondo conosce e ammira, Il Valle racconta: da Scarpetta ai De Filippo è di scena il Teatro.
Il palinsesto digital si è aperto con l’appuntamento di Piero Gabrielli che, giovedì 18 giugno alle ore 16 ha proposto L’esame del Signor Tinègero, di Roberto Gandini, con musica di Roberto Gori.
Venerdì 19 giugno alle ore 18.30, nell’ambito dell’attività di Gruppo_2020 On line, un progetto ideato e realizzato da lacasadargilla, è stato presentato il racconto del giovane autore Nivan Canteri con Horror Story, affidato all’interpretazione di Fortunato Leccese.
E’ continuato il percorso di riflessione e riscoperta della città di Roma e dopo l’appuntamento della scorsa settimana con Luca Bergamo, Vicesindaco e Assessore alla Cultura, sabato 20 giugno alle ore 21 è stata la volta di Valerio Mattioli, autore e editor di NERO e Not, i cui interessi spaziano tra le estetiche, le sottoculture urbane e il pensiero critico contemporaneo. A partire dal suo ultimo libro Remoria. la città invertita, oggetto singolare a metà tra il saggio, il romanzo di formazione e il fantahorror lovecraftiano, il dialogo con il direttore artistico Giorgio Barberio Corsetti è andato alla ricerca di spunti, reali e immaginari, per ripensare il rapporto della città con i suoi margini, e con le comunità che li attraversano.
C’è un ribaltamento tra centro e periferie, nonché un ribaltamento delle gerarchie della città, chiede Giorgio Barberio Corsetti. Analizzando la mappa di Roma scopriamo che il centro è appena l’1% dell’estensione complessiva della città. Il 99% restante è stratificato, contiene vari pezzi di metropoli esordisce l’autore, che è nato e cresciuto in periferia, posto ostile e denso con dinamiche proprie, cui si contrappone un centro che oggi si presenta ancora più vuoto nel post pandemia. Nel libro si cerca di capire cosa ha prodotto il non centro, che lingua, che immaginari. Dovendo raccontare Roma Mattioli parte dal raccordo anulare che è un punto simbolico, è il corso della città moderna, è l’autostrada che circonda la città; va tenuto presente però che la stessa si espande ben oltre il raccordo stesso, fattore che ha portato enormi speculazioni, non è opera ingegneristica neutra. Nel libro si fa riferimento a come la cultura si sia formata nelle diverse periferie dalla fine degli anni 70 ad oggi. Non c’è una storia approfondita su questo periodo ed è pertanto interessante parlare di esperienze e linguaggi, dopo la fine della stagione dell’impegno, in cui è iniziata una nuova era, caratterizzata dall’eroina e dalle sottoculture post punk, in cui emerge una nuova forma di sottoproletariato, nasce il coatto, dilagano i centro sociali; è il periodo delle feste illegali, i rave che per statuto cercavano interstizi urbani dimenticati, diventando così strumento di presa di coscienza nell’estensione della città e svelando che poi la città era anche quel paesaggio di rovina industriale. A cavallo tra il ‘90 ed il 2000 la città ha provato a reiventarsi, attingendo ai percorsi sviluppati negli anni precedenti, in un processo comune a tutte le città europee. E’ seguito poi il processo di cementificazione delle periferie negli anni successivi, mentre nascevano altre tipologie di periferie, come Ponte di Nona, Porte di Roma, Parco Leonardo minicentri piccolo borghesi con nuovi linguaggi e storie, e nel contempo imperversava il rap e tutte le sue derivazioni.
E se dovesse raccontare l’oggi chiede Corsetti? Valerio Mattioli vede l’effetto finale, il tentativo maldestro di aggiornare la città per renderla simile alle metropoli occidentali, una sorta di parco giochì, con rendite crescenti, affitti che si impennano, una città costosa in cui è difficile vivere e sopravvivere. Di contro e di vero a Roma è che il negativo c’è stato, ha prodotto distorsioni, ma tutto è ancora visibile, immondizia e voragini sono presenti, uno spettro che aleggia, la città è così trasparente che ti obbliga a vedere il disastro, i gabbiani assassini, la sporcizia, il sistema fognario che porta a galla i veri detriti della città. Quali sono le culture che sorgono e si muovono in questo momento? Il tessuto urbano della periferia è disgregato, forse non recuperabile, visti i danni permanenti registrati. Ma ci sono di contro testimonianze incoraggianti come quella di Simone, il ragazzo che affronta i manifestanti che non vogliono a Torre Maura i Rom. Un covo di risentimento e segregazione c’è, unito ad altro come per esempio al Tufello dove ci sono esperimenti comunitari e collettivi interessanti, c’è nella periferia l’estremizzazione e la lungimiranza spontanee.
Da un punto di vista musicale ed artistico Roma produce tantissimo immaginario, con esperienze molto impattanti sia dal lato indie pop che nel rap e trap, vedasi Dark Polo Gang ed Achille Lauro; il serbatoio continua a produrre linguaggi espressione del loro tempo. Quale suono verrà fuori dalla periferia post quarantena?
La ripartenza non può lasciare tutto come prima. Occorre reinventarsi. La quarantena come primo dato ha registrato una ulteriore prova dell’insostenibilità del modello di metropoli caratterizzato da riqualificazioni truffa quale quella del Pigneto e si dovrebbe pertanto registrare un totale capovolgimento.
La danza, il teatro, la performance che ha a che fare con il corpo come rinasceranno, chiede da ultimo Giorgio Barberio Corsetti.
I corpi dei protagonisti di Remoria esternano una diversa fisicità, stigmatizzata dal coatto di periferia che comincia spontaneamente a tirar fuori dei nuovi movimenti, una sorta dii scatti elettrificati come se il fulmine della tardo modernità fosse naturalmente entrato in tali figure.
C’è la diffusione delle danze di strada, le performance forti di attraversamento dell’architettura urbana per arrivare da un punto all’altro, senso di sfida alla gravità ed al vuoto. La natura conflittuale è la bellezza di tali manifestazioni, La continua prova di coraggio è obbligo di sopravvivenza in periferia ma viene sublimato in qualcosa di bello e di estroso, una qualità nascosta rispetto allo sguardo ufficiale del potere che non è in grado di valorizzare ciò. Su tutti la figura del compianto Stefano Tamburini, fumettista e grafic designer, fondatore di Frigidaire, autore di Ranxerox e di opere fatte di furti, plagi, con un significato ed un valore inattesi e nuovi, che crea senza chiedere permesso, periferizzando il centro ed esaltando la vitalità della città.
data di pubblicazione:22/06/2020
0 commenti