Estate 1982 in un tipico paesino della Sicilia. Tutti in fermento per i mondiali di calcio, mentre la nazionale italiana si avvia a conquistare il titolo mondiale giocando contro la Germania. Gianni e Nino, che si erano conosciuti per caso, vivono questi giorni in uno stato euforico diverso. Al contrario degli altri, non si curano delle vicende calcistiche, ma sono solo concentrati su se stessi e sul loro rapporto che non è solo di semplice amicizia…
Uscito nella sale oramai da qualche giorno, sembra che il film d’esordio di Giuseppe Fiorello, per la prima volta in veste di regista, abbia scosso favorevolmente la critica che si è pronunciata molto bene su questo lavoro, ispirato peraltro da un fatto di cronaca realmente accaduto negli anni Ottanta.
Non si è trattato solo di raccontare una storia, ma forse il pretesto per parlare della sua Sicilia che ora lui stesso vede con gli occhi di chi è andato via dall’isola per approdare sul continente, gli occhi che sanno guardare meglio i contrasti culturali e ambientali di una terra meravigliosa, ma anche per certi aspetti dannata. In quegli anni, infatti, la Sicilia era il riflesso deformato di una realtà tutta italiana, campioni del mondo non solo per il calcio, ma anche per una palese grettezza che caratterizzava il tessuto sociale dell’epoca. Ecco che il regista ci immerge in quel torpore, in quell’afa estiva siciliana dove ogni cosa sembra prendere forma e valore, muovendosi lentamente come sotto l’effetto di un lievito. Intrecciare quindi una vicenda che coinvolge due giovani che stanno vivendo la loro prima adolescenza, quasi da adulti responsabili, per approdare in una vita tutta nuova da vivere con forza, con una coscienza conquistata con il dolore di chi si sente emarginato e bullizzato.
Il regista non si dilunga in riflessioni, ma fa parlare le azioni, creando di proposito un susseguirsi di personaggi perfettamente delineati in modo tale che ai due protagonisti, Gianni e Nino, sia possibile di esporsi sempre più apertamente e di completarsi agli occhi dello spettatore. Pur in presenza di qualche sbavatura nella sceneggiatura e di qualche immagine forse un po’ troppo patinata, Fiorello ha saputo ben dosare lo svolgimento di un tema come questo evitando innanzi tutto, pur restando fedele alla realtà dei fatti, l’ovvio e il prevedibile. Tutti i personaggi che ruotano attorno ai due giovani (interpretati da Samuele Segreto e da Gabriele Pizzurro) si muovono in cerca di risposte che non trovano, si pongono troppe domande che continueranno a portarsi dentro.
Forse lo spettatore attento troverà invece le riposte adatte e sarà capace di scorgere, in quell’inutile tragico epilogo, il motivo di una rinascita e di una ribellione. Perchè come ci ricorda lo stesso Battiato nella sua indimenticabile canzone che dà il titolo al film: “ man manu ca passanu i jonna sta frevi mi trasi ‘nda ll’ossa ‘ccu tuttu ca fora c’è ‘a guerra mi sentu stranizza d’amuri…”.
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Ho meditato molto prima di commentare anche per fare decantare l’alto impatto emotivo. Questo emozionante “racconto” mi ha molto ricordato “Call me by your name” così diversi ma così uguali…un po’come le convergenze parallele di politica memoria
Entrambi prendono come spunto un AMORE DIVERSO come pretesto per descrivere un ambiente fisico e “intellettivo o di SENTIRE” che bene rappresenta le varie sfaccettature e contraddizioni dell’ Italia un paese sicuramente che è un unicum nel panorama occidentale ed europeo. Critica perfetta fatta (penso) da un siciliano che meglio può coglierne lo spirito
Come (pur con qualche ingenuità) la regia che sa cogliere aspetti che noi “altri italiani” pur avvertendo non sapremmo esprimere così compiutamente, visceralmente, ma anche poeticamente
Grazie (Beppe) Fiorello…e naturalmente tutto il cast STUPEFACENTE
IMPERDIBILE!!!!