(Teatro Porta Portese – Roma, 29/30 settembre 2021)
Un sontuoso ritorno a teatro nel segno del dominio della parola. Tutto esaurito per la prima come ai vecchi tempo per un consolidato successo.
La pandemia non è stata solo solitudine, raccoglimento e frustrazione ma ha rappresentato anche un solido innesco creativo per l’ispirazione di Elisabetta Sciabordi, polivalente attrice/scrittrice/lettrice. Seduta in quel caffè in un giorno non a caso perché il 29 settembre di Equipiana memoria. Un motivo di Lucio Battisti la cui aura non si è persa nel corso degli anni. L’autrice scrive, medita, congettura, fantastica dai tavolini di un bar immaginario che, non a caso, prende il nome di Corona. E non nel senso della birra messicana ma della bufera epidemica che ha attraversato l’umanità. E traccia ritratti sapidi del vago, del seduttore, delle mille facce della commedia umana che può transitare in un bar. Bozzetti impressionisti animati dalla verve tutta napoletana di Marina Vitolo e inframmezzati dal duo voce/chitarra in un grande ripasso della canzone melodica italiana e non solo dell’ultimo cinquantennio, spingendosi fino all’interpretazione de “O Sarracino”. Uno spettacolo leggero, brioso e insieme profondo di 75 minuti per un pubblico attento e partecipe. Il cocktail lettura, recitazione, musica non produce una majonese impazzita ma un prodotto coerente e di rara godibilità. Viene da pensare ai Bar di Benni con trasmutazione romana perché anche qui non manca il riferimento alla golosità della pasta e a particolari sindromi da cornetto. Difatti la Sciabordi, per chi la conosce, è un esempio di bon vivant. Una particolare citazione per la voce femminile. La dottissima cantante si produce in fuori copione particolarmente apprezzabili.
data di pubblicazione:30/09/2021
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