L’atteso ritorno di Ferzan Ozpetek non poteva che sorprendere e avvenire in grande stile. Rosso Istanbul è infatti una pellicola in parte diversa dalle storie alle quali il regista de Le Fate Ignoranti ci aveva abituati, ma, al contempo, racchiude quelli che potremmo ormai definire i topos della cinematografia di Ozpetek.
Siamo nel pieno della primavera – 13 maggio 2016 – e Istanbul è cornice e protagonista di questa storia introspettiva di sentimenti a cavallo tra il passato e il presente. Orhan Sahin (Halit Ergenç), da 20 anni “esiliato” a Londra, torna nella sua città natia per aiutare in veste di editor l’amico Deniz Soysal (Nejat Isler). Il primo è un famoso scrittore, autore di un libro di successo di favole antiche della tradizione ottomana rivisitate in chiave moderna, il secondo è un famoso regista cinematografico che ha bisogno di Orhan per completare la stesura del suo primo romanzo decisamente autobiografico.
La missione che riporta Orhan a Istanbul viene, però, subito bruscamente arrestata dalla misteriosa sparizione di Deniz. Tuttavia, è come se da questa anomala scomparsa la missione di Orhan divenga un’altra: attraverso la forzata quotidianità nella casa di Deniz, con i suoi parenti e gli amici più intimi (che già conosceva attraverso la lettura della bozza del romanzo), Orhan compirà, inaspettatamente, un percorso di ricerca e resa dei conti finale con i propri sentimenti, con gli spettri di un passato tormentato, fino a una rinascita interiore che lo farà ricongiungere con i propri legami affettivi nonché prepararlo a futuri nuovi amori. Il tema centrale del film è l’importanza dei legami: i legami ci tengono vivi, ci permettono di amare, imparare, soffrire, ma possono anche tenerci intrappolati, prigionieri di angosce, di sofferenza.
Il ritorno a Istanbul, al suo cielo azzurro che si fonde con le acque del Bosforo, l’incontro inaspettato con Neval (Tuba Büyüküstün) – una sorta di Audrey Hepburn ottomana, amica intima di Deniz – e con Yusuf (Mehmet Günsür) – amore tormentato e maledetto di Deniz -, condurranno il protagonista alla riconquista della sua vita, simbolicamente rappresentata con il tuffo senza veli nel Bosforo per attraversarlo a nuoto. Il personaggio di Orhan, ha il volto espressivo e profondo dell’attore Halit Ergenç che con i suoi grandi occhi blu conferisce spessore, profondità ed emotività ad un film costruito prevalentemente sui silenzi, sugli sguardi, sulle parole forzatamente soffocate e gli scorci di una Istanbul cosmopolita, affascinante, elegante, a tratti opulenta – decisamente lontana dagli attentati e dal sangue che purtroppo la stanno devastando -.
Come preannunciato, i grandi temi di Ozpetek ci sono tutti: il forte legame del regista aspirante scrittore Deniz con la madre e le donne che animano la sua casa, l’amore omosessuale libero e tormentato e quello eterosessuale in cui la donna – in questo caso Neval – incontra il vero amore dopo aver sposato un altro uomo; la scena del grigio e freddo obitorio per il riconoscimento di un cadavere (chiara citazione di Saturno contro) e l’immancabile ruolo di macchietta (il personaggio Sibel) affidato come sempre all’attrice Serra Yilmaz . Il film colpisce per l’ottima fotografia, la scenografia e le musiche, il cast turco convince, ma poi la storia, pur catturando lo spettatore nella ricerca della verità attraverso una latente legante tensione che dovrebbe condurre alla soluzione della scomparsa di Deniz, in alcuni punti si perde lasciando un senso di incompiutezza che penalizza poi l’intero film.
data di pubblicazione: 10/03/2017
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Se non avessi mai visto Istanbul e non fossi entrata nella sua anima, nei suoi ritmi, andrei a vedere questo film e, come per tutte le città piene di fascino, se già la conoscessi, andrei ugualmente a vederlo per capire meglio quello che non ho afferrato. Dico questo naturalmente solo commentando la magnifica fotografia, le musiche, le riprese dei meravigliosi interni e gli scorci della città che Ozpetek ha saputo sapientemente offrire allo spettatore come scenario e strumento per arrivare a capire l’intensità del suo vissuto. E’ vero non è il solito Ozpetek, non è una delle tante e belle storie cui il regista ci ha abituato ad assistere, ma è decisamente la sua storia personale e al tempo stesso una bellissima sorpresa.
Concordo con la recensione. C’è tanto Ozpetek in Rosso Istanbul, che però è un film il cui marchio di fabbrica non è chiaramente riconoscibile. Meno corale del solito, senza quella drammatica leggerezza che caratterizza i suoi film più belli e con quel senso di irrisolto cui fa riferimento Lady Dandy.
Difficile dare un giudizio netto. L’unica cosa certa è che si tratta di un film da vedere!