Cosa accade se di fronte ad un lutto, le persone che restano non si comportano secondo “i canoni” che la società detta ed il dolore suggerisce? Mastandrea dedica il suo primo film da regista a chi resta, ossia a coloro cui spetta mostrare pubblicamente il proprio dolore che, non sempre, trova una naturale ed immediata esternazione.
Carolina Secondari (Chiara Martegiani) ha da poco perso il marito Mario, morto in fabbrica a seguito di un incidente sul lavoro. Il suo dramma privato diventa pubblico e politico, coinvolgendo la piccola comunità di Nettuno dove i coniugi Secondari vivono e dove si stanno per tenere i funerali di Stato. Carolina però non piange, non riesce a disperarsi, è bloccata: prova in tutti i modi a provocarsi quella naturale reazione ad un evento così atroce, ascoltando la musica che tanto piaceva a Mario o apparecchiando per la cena come se lui fosse lì, ma nulla scatena in lei la “giusta” reazione. Non è aiutata in questo neanche da Cesare, il padre di Mario, operaio anch’esso che porta dentro di sé il peso di aver convinto il figlio a seguirlo in fabbrica ma che mantiene con orgoglio e fierezza quella durezza da combattente per i diritti della classe operaia. Neanche Nicola, la pecora nera della famiglia e fratello maggiore del defunto, che si materializza dopo anni di volontario allontanamento dalla famiglia, riesce a consolare Carolina, forse perché troppo preso nel rinfacciare a Cesare di aver fatto di Mario un martire per ideali che lui non ha mai condiviso. Ed anche il piccolo Bruno, figlio di Carolina e Mario, in apparenza sembra più preoccupato a fare le “prove” di un suo ipotetico intervento ai funerali del padre, piuttosto che elaborare emotivamente la perdita. Ognuno di loro, dunque, “non si dispera”.
Mastandrea ha messo tutto sé stesso dietro la macchina da presa di Ride: le sue convinzioni, quel suo modo spontaneo e originale di recitare, in un lavoro sicuramente molto pensato e vissuto, dando a Chiara Martegiani il compito di “rappresentarlo” come suo alter ego al femminile. Carolina infatti, nel modo di esprimersi, nell’ironia dello sguardo, nel modo di camminare trascinandosi dietro i piedi a fatica, nel dare al suo corpo una postura ed una andatura scanzonata e disillusa, è Valerio Mastandrea.
Decisamente diversi sono Renato Carpentieri nella parte del padre di Mario, che regala al pubblico un personaggio ricco di pathos seppur anch’esso povero di lacrime, ed il bravo Stefano Dionisi che interpreta in maniera convincente un fratello addolorato, sopraffatto tuttavia più dal livore che nutre nei confronti del genitore che in nome dei suoi ideali ha di fatto condannato a morte suo fratello.
Il film ha un’idea di fondo molto buona ed originale, ed ha anche delle trovare surreali che lo rendono accattivante, anche se poi si perde per aver aperto tanti argomenti importanti senza riuscire però in modo convincente a chiuderli tutti, restituendoci un senso di incompletezza.
Come spettatori paghiamo dunque lo scotto di un regista che ha voluto raccontare troppo, avvertendo nel contempo lo spessore delle tante cose trattate, che fanno di Ride un discreto inizio.
data di pubblicazione:11/12/2018
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