(Teatro Eliseo – Roma, 21 gennaio/2 febbraio 2020)
Un classico di repertorio rivisto per la terza volta e con grande pathos da un attore ormai novantenne ma ancora intrepidamente sulla scena sostenuto dal fedele Sturno.
L’attore di prego non va mai in pensione e così con la migliore attitudine possibile la compagnia di Glauco Mauri, sinergicamente affiatata, sostiene il primattore nella sua generosa ripresa del dramma scespiriano. Una scenografia gagliarda e dispendiosa sostiene il terzo tentativo di drammaturgia e con sostanziali elementi di novità che rendono stuzzicante l’approccio. Il collaudato mattatore lascia ampio spazio di espressione ai comprimari con un atto di generosità che è anche risparmio delle proprie forze. Ma quando è il momento Mauri si prende tutta intera la scena con degli autentici pezzi di bravura che mostrano un’arte e una padronanza della professione che non tramonta. Prova d’attore ma anche prova per il pubblico visto che lo spettacolo si protrae per tre ore, sostenendo anche divagazioni finali che Shakespeare poteva certamente permettersi in teatri che erano anche luoghi di intrattenimento e loisir secondo un concetto dell’uso del tempo molto diverso da quello odierno. La folla di Re Lear scivola nel vacuo dove anche bisbigli e borborigmi sono significativi per l’afasia di un linguaggio e di una dialettica progressivamente persi. Un ascensore è la trave di sostegno di entrate e uscite in scena con un gioco di luci che sottintende tempeste, bruschi scarti emozionali, il senso di un tradimento consumato dalle figlie rispetto a un padre generoso ma imprevidente. Gli attori usano anche la platea per rompere la monotonia degli ingressi secondo una moda sempre più gettonata. E Barbareschi, sempre più aduso alla kippah, si gode una prima con teatro pieno e numerose ovvie chiamate finali per la compagnia. Spettacolo intenso di tecnica, di repertorio, di una tradizione ampiamente reinterpretata.
data di pubblicazione:23/01/2020
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