Peter von Kant è un regista ben introdotto nell’ambiente cinematografico internazionale, più volte premiato per le sue opere. Dopo aver lasciato il suo compagno, sta attraversando un momento di crisi assistito fedelmente dal suo segretario e cameriere Karl, apparentemente muto, che accetta passivamente i maltrattamenti e i capricci del suo padrone. Un giorno l’amica/attrice Sidonie si presenta a casa sua con Amir, giovane seducente e nullatenente, in cerca di una facile sistemazione…
Presentato in apertura alla Berlinale dello scorso anno, Peter von Kant del poliedrico Ozon trova ispirazione nell’opera teatrale di Rainer Werner Fassbinder Le lacrime amare di Petra von Kant di cui lo stesso nel 1972 ne aveva tratto un film, in concorso per l’Orso d’oro a Berlino. Dopo cinquant’anni esatti, il regista e sceneggiatore francese dirige un remake dalla pellicola in cui ripropone i temi a lui cari, che trovano quasi sempre riscontro nelle sue opere, quali l’identità sessuale e in particolare l’identità di genere, l’affettività, la morte. Ozon, pur lasciando la tipica impostazione teatrale classica, con unità di azione, di luogo e di tempo, modifica il dramma originario di Fassbinder trasformando le protagoniste in personaggi al maschile in modo tale che il soggetto principale, la stilista Petra diventerà il cineasta Peter, con tutto quello che ne consegue. Al rigor del vero l’esperimento non sembra pienamente riuscito anche se tutto l’impianto scenico è pensato volutamente artificioso, oltre al necessario, per riportare l’intera ambientazione a quella originaria tipica di quegli anni. L’infatuazione di Peter verso l’efebico Amir, di cui poi si innamorerà perdutamente perdendo ogni forma di autocontrollo, ha non solo dell’irrazionale ma del patetico, tutta esageratamente rivolta verso una relazione sofferta da un lato, e marcatamente interessata dall’altro. Se Peter (Denis Ménochet) risulta poco credibile, ancora di più lo è il giovane Amir (Khalil Ben Garbia) entrambi impegnati in una recitazione sopra le righe, a volte persino fastidiosa. Per fortuna in loro soccorso interviene una splendida Hanna Schygulla, passata dal ruolo della bellissima Karin, nel film di Fassbinder a quello della madre di Peter in Ozon, piccolo cameo che fa risaltare ancor di più la bravura della talentuosa attrice tedesca, oramai ottantenne. Nel cast anche l’affascinante Isabelle Adjani, perfetta in Sidonie, amica di Peter e oramai considerata un’attrice sul viale del tramonto, immagine costruita ma l’unica veramente sincera in un entourage di sentimenti falsi. Tentativo quindi che voleva essere un più che sentito omaggio al grande Fassbinder, forse però non del tutto azzeccato. La scenografia è intenzionalmente troppo scontata: un atelier kitsch con sullo sfondo immagini ripetute di un San Sebastiano trafitto in tutte le posizioni, oramai simbolo martirizzato di una iconografia che, senza fare falsa retorica e cercando di evitare ogni perbenismo, rasenta a volte il ridicolo. Con rispetto alla buona volontà di Ozon, non ci si può esentare dal manifestare qualche seria perplessità.
data di pubblicazione:23/05/2023
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