(71ma Mostra di Venezia – Fuori Concorso)
Si accende lo schermo su una veduta notturna del golfo di Napoli che si fonde successivamente in uno scenario irreale, una Napoli di grattacieli all’apparenza vuoti e desolati, come una City di un fantafilm sinistro. Perez è un avvocato d’ufficio, uno di quelli che accettano le cause che nessuno altro vuole. C’è qualcosa di cupo nel suo passato che deve averlo annientato; l’unica persona che per cui pare avere dei sentimenti è sua figlia, Tea, chiamata così perché TEA è il femminile di DIO.
Il suo incontro con un pentito di camorra che lo sceglie come difensore cambierà il suo destino, ma neppure questo è certo, nulla sembra essere univoco e tranquillo in questa storia.
E’ un bel personaggio, Perez, come anche gli altri protagonisti del racconto, che sembrano usciti da un libro di Scerbanenco o di Simenon, con le dovute ambiguità di innegabile fascino.
Ma non è il solo pregio di questo eccellente film, firmato da un autore che già vanta diverse prove nei cortometraggi e un lungometraggio di due anni fa, Mozzarella Stories, folle e geniale sebbene un pò irrisolto. Qui non c’è più la vena grottesca e deforme di quel film, che era senza dubbio influenzata dal grande Kusturica, suo estimatore, ma c’è una maggiore consapevolezza, robustezza, maturità e la potenza di certe immagini visionarie conquista (si noti quello squallido Castelvolturno). Interpreti eccellenti: uno Zingaretti insolitamente introiettato, il camaleontico Massimilano Gallo nei chiaroscuri del pentito e una sensibilissima giovane presenza femminile, Simona Tobasco, che è Tea. Consigliato.
data di pubblicazione 9/10/2014
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