PER ELISA, IL CASO CLAPS serie Netflix in sei episodi – 2024

Un caso di cronaca che sconvolse la Lucania negli anni‘90 viene rappresentato da questa fiction diretta da Marco Pontecorvo, già trasmessa lo scorso anno su Rai uno ed approdata in sei episodi su Netflix.

La giovane Elisa – interpretata da Ludovica Ciaschetti – un giorno non fa ritorno a casa e non viene più ritrovata. L’ultimo ad averla incontrata, in una chiesa di Potenza, è Danilo Restivo, già stalker di altre giovani donne e protetto dal padre in ogni circostanza. La famiglia Claps non si arrende e conduce una lotta disperata alla ricerca di verità e giustizia. Protagonisti assoluti di una tale impresa, il fratello Gildo, che qui ha il volto di uno straordinario Gianmarco Saurino, il fratello minore Luciano (Giacomo Giorgio) e i genitori, Filomena e Antonio Claps, interpretati da Anna Ferruzzo e Vincenzo Ferrera. Una prova corale e suggestiva, per non far dimenticare Elisa. Qualcosa che lascia il segno.

 

È esistita davvero, Elisa Claps. Così come è scomparsa davvero, una mattina all’improvviso. Misteriosamente no. È tutto fin troppo chiaro sin dall’inizio della storia, che non a caso comincia in un giornata di sole, su una spiaggia, all’aria aperta. Dove si proietta subito anche l’ombra del male, giunto a un passo da lei, a spiarla, a coprirne la luce.

Elisa Claps vive per poco. E sulla scena vive ancora meno. Il tempo di una gita al mare col fratello e di una cena in famiglia. Poche riprese, poche inquadrature. Per noi, è come sbirciare appena da una finestra aperta, mentre qualcun altro scruta da una fessura.

Elisa Claps è un misto di tenerezza e di ironia. Lo si percepisce anche solo pronunciando il suo nome completo. Sentendola parlare col suo tono ora buffo ora quasi struggente. Guardandola negli occhi, guardandola sorridere.

Elisa – figlia, amica, compagna di scuola – muore. Muore prematuramente. Muore assassinata, per mano di qualcuno che lei conosce e chiama per nome (Ciao Danì!). Che difende persino. Da chi non è gentile con lui. Perché lo trova “strano”.

Diciassette anni dopo la sua scomparsa, davanti a una bara bianca con un corpo finalmente ritrovato, qualcun altro, che l’ha amata come se stesso, dirà: Oggi siamo qui. A celebrare il funerale di mia sorella… “Mia sorella”, dirà. Ed è in quel preciso momento che si comprende davvero: Elisa – figlia, amica, compagna – è soprattutto “sorella”. Di tutti noi (più che semplici spettatori) come di Gildo Claps. Soffriamo per lei e con lui. Ci illudiamo fino all’ultimo di tutte le illusioni possibili e impossibili, contro ogni evidenza e pur conoscendo la storia (“fatto di cronaca”, tristemente noto). Ci sentiamo legati a quella famiglia che l’ha amata così tanto, e dove ciascuno ama ciascun altro così tanto. Ci muoviamo anche noi nella città che l’ha vista nascere, abominevole ammasso di cemento in alcune inquadrature, magico presepe illuminato dalle mille fiaccole, in altre. Città dal volto duplice: costellazione e discarica.

E certamente, proviamo rabbia e impotenza per tutto quanto rimane impunito, occultato, trascurato, eluso, per un tempo che pare senza fine. Ci perdiamo, anche noi, nei vicoli ciechi e nei pozzi senza fondo come nei cantieri abbandonati e complici. In quella sagrestia che diventa porta per l’inferno, nel sottotetto di quella chiesa che si cambia in sepolcro. Immondo, come chi collude col male più nero. Siamo vicini, non solo a Gildo, “il” fratello. Vicini a quella madre irrigidita nel dolore e al tempo stesso amorevole, a quel fratello più giovane che sente di non aver “fatto abbastanza”. A quel padre, infine, che non vuole più lottare. Un po’ accusando “l’Italia dei pagliacci” un po’ incolpando se stesso per non aver saputo proteggere la sua famiglia, proteggere Elisa. Elisa Claps. Dolce come una sonata al piano, vivace come un batter di mani. Partecipare a quei funerali postumi, in piazza, tra la gente, lui non lo vorrà. Lui, il padre – mentre Gildo “il fratello” parla alla folla commossa – preferisce stare su una panchina in mezzo a un po’ di verde, in solitudine. A fissare il vuoto, a cercare un ricordo che finalmente – almeno quello – torna ad essere vivo, e risorge.

Attraverso lo schermo, il nostro posto è lì, con lui, ma restando in silenzio. Senza disturbare.

data di pubblicazione:30/08/2024

2 Commenti

  1. Ho seguito con attenzione la serie tv su questo triste e singolare fatto di cronaca di tanti anni fa e di cui non ricordavo affatto i particolari. La fiction è fatta bene e in effetti coinvolge emotivamente lo spettatore. Anche gli attori qui sopra citati sono stati di una bravura singolare. Articolo che rende perfettamente l’atmosfera attorno a questo delitto rimasto per anni impunito…

  2. La presentazione rende molto bene l’atmosfera che avvolge questa triste vicenda di attualità: l’irrompere dell’abisso che sconvolge per sempre una vita bella e provoca un dolore non superabile con la giustizia umana.

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