New York anni’20 del 1900, essere neri non era certo affatto facile. Irene(Tesse Thompson)una donna nera benestante vedrà il suo mondo, i suoi equilibri e la sua famiglia sconvolti a seguito dell’incontro con una sua vecchia ed esuberante amica: Claire (Ruth Negga). Entrambe hanno sangue misto ed il colore della loro pelle è abbastanza chiaro, Claire ha lasciato Harlem da anni”passandosi” per bianca fino a sposarsi con un bianco del tutto ignaro delle sue vere origini.
L’inglese Rebecca Hall, figlia d’arte, quasi quarantenne ma già talentuosa ed affermata attrice prediletta da registi di fama, sceneggiatrice e scrittrice di successo, ha deciso di esordire nella regia con Passing riadattandone personalmente anche il soggetto dalla novella di Nella Larsen. “Passing” è un’espressione gergale americana che si riferisce a quegli afroamericani che “pretendono/provano a passare in tutto e per tutto per bianchi”.
Il film è in formato 4:3 come i vecchi film Hollywoodiani degli anni’40 e ’50 ed è in bianco e nero. Un bianco e nero splendido, e … non è un caso, è piuttosto una scelta narrativa esplicita perché proprio di “essere bianchi o di essere neri”, di quale identità razziale sentirsi parte è tutta l’essenza stessa del film. Irene e Claire vivono due realtà diverse, entrambe paiono benestanti, realizzate nelle loro famiglie, nei loro mondi e contesti, ma è solo una fragile apparenza. Tornando a frequentarsi le due donne, riparte fra loro un’attrazione fatta anche di silenziosa competizione, Irene invidia l’apparente felicità di Claire, e Claire a sua volta lo status ed i saldi principi di Irene arrivando quasi ad insidiarne il marito con la sua carica vitale. Le performances delle due protagoniste sono di alta qualità e recitano con charme ed eleganza, brillanti ed intense nei rispettivi ruoli, circondate a loro volta da uno stuolo di ottimi secondi ruoli.
Ciò non di meno qualcosa non va, il film pur se da un punto di vista estetico è indubbiamente elegante e raffinato appare però narrativamente squilibrato e fin da subito perde la fluidità necessaria per mantenere ciò che sembrava promettere all’inizio. Difatti i vari spunti di tensione, gli aspetti sociali, l’identità e l’appartenenza razziale, l’attrazione fra le due donne non evolvono ed in breve addirittura evaporano nel vuoto estetico senza mai essere veramente affrontati. Il ritmo narrativo poi, volutamente lento all’inizio per dar modo ai personaggi di svilupparsi, non si modifica affatto nel prosieguo ed i tempi diventano eccessivi, monotoni e ridondanti. La ricerca dell’intimismo psicologico implode di fatto in un eccesso di estetismi e simboli.
Peccato! Un peccato però perdonabile perché è indubbio comunque il talento dell’attrice dietro la cinepresa. Pur promettendo bene è però ancora imperfetta e dovrà, nel futuro, lavorare più sulla sostanza che sull’eleganza formale e molto più ancora sulla sintesi ed imparare a non perdersi in molteplici rivoli narrativi.
data di pubblicazione:16/10/2021
0 commenti