“Vi siete mai chiesti come mai accanto alla più grande acciaieria d’Europa non ci sia nemmeno una fabbrica di forchette? Il nostro acciaio serve a costruire la ricchezza di qualcun altro…”. Tra il 1997 ed il 1998 presso l’Ilva di Taranto venne praticato nei confronti di circa 80 impiegati specializzati una operazione di mobbing collettivo allo scopo di “fiaccarli”, per far accettare loro una novazione del contratto che declassava gli stipendi a salari, equiparandoli a quelli degli operai. Nel nostro paese in quegli anni si parlava poco di mobbing, ed in certi contesti non si sapeva neanche cosa fosse; oggi sappiamo che i posti in cui si manifesta con maggiore frequenza sono gli uffici e le aziende, e che nel mirino del mobber le più numerose sono le donne.
Ufficialmente la Palazzina LAF (acronimo di Laminatoio A Freddo) era un posto dove i proprietari e i dirigenti dell’Ilva decisero di confinare coloro che erano definiti “dei buoni a nulla”, in prevalenza impiegati a cui non andava di lavorare, a discapito degli operai che invece tutti i giorni si spaccavano la schiena negli altoforni. Per essersi dunque rifiutati di accettare una variazione delle loro mansioni, 80 di loro come punizione vennero mandati in questo luogo ad occupare stanze vuote dove un tempo c’erano dei vecchi archivi.
L’attore Michele Riondino, tarantino e figlio di un ex operaio dell’Ilva, dopo aver raccolto materiale e testimonianze per diversi anni, esordisce alla regia con questo film di denuncia presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, di cui ha scritto anche la sceneggiatura assieme a Maurizio Braucci; Vanessa Scalera, brindisina di origine, diventata famosa per il personaggio televisivo di Imma Tataranni, ha accettato un piccolo ruolo in questo film pur di esserci “come cittadina” ed il cantante tarantino Antonio Diodato ne ha curato la colonna sonora; ad Elio Germano il compito di interpretare il direttore del personale Giancarlo Basile, viscido e senza scrupoli, mentre Riondino veste i panni di Caterino Lamanna (l’unico personaggio parzialmente inventato), un operaio convinto che i “confinati” siano tutti realmente dei lavativi da punire. Lamanna, non avendo i mezzi culturali per accorgersi che quella sorta di confino rappresentava una grave violazione della dignità dei lavoratori, farà di tutto per farsi mandare nella Palazzina LAF, contento di essere pagato senza fare nulla. Riondino si ritaglia un ruolo scomodo che però rispecchia appieno quella che ingiustamente era l’opinione che circolava in azienda a discapito di quegli impiegati che, oltre a non poter più lavorare, dovevano anche subire l’umiliazione dell’opinione di colleghi e operai, ignari che quella purtroppo era una punizione nei confronti di pochi per educare i rimanenti 12.000 lavoratori.
Palazzina LAF, oltre a rappresentare un ottimo esordio di ferma e sentita condanna civile che denuncia parallelamente anche il tema delle polveri sottili, causa di gravi forme tumorali agli abitanti d’interi quartieri della periferia tarantina e dell’abbattimento di svariate centinaia di capi di bestiame che pascolavano nelle zone limitrofe gli stabilimenti, accende anche un faro su Taranto, una città che purtroppo sta morendo piano piano.
data di pubblicazione:1/12/2023
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