(Teatro Sala Umberto – Roma, 4/15 maggio 2022)
Partita a quattro con un progetto didascalico e sorpresa finale che non spoileremo. Spettacolo collaudato con qualche difetto strutturale di fondo.
Tre sorelle come in Cechov. Ma una in carrozzella. Per colpa di un’altra. Ma due del quadrettto di famiglia non sanno, anche se sembrano intuire. Poi compare in scena l’unico uomo, una sorta di potenziale angelo vendicatore buneliano. Con un’oscura missione che potrebbe sembrare un ricatto. In ballo un premio definito immeritato, a scelta della sorella colpevole. Ma l’alternativa del potenziale miracolo sarà restituire la piena mobilità alla parente in carrozzella, ricompensare con la vita i due bambini periti per l’incidente da lei stessa provocato oppure soddisfare la propria malattia patologica con una colossale vincita al Superenalotto? Su questo pratico materiale dilemma, un po’ onirico, un po’ reale, si dipana la trama in una scena spoglia dove la disabilità è incarnata dai movimenti della carrozzella. In un coro di chiara fama (la Ferzetti è la moglie di Favino, la Scalera è stata Imma Tataranni, Bellocchio è discendente di illustre famiglia) la rivelazione è proprio la più giovane e meno conosciuta Marra che incarna la disabile. Convincenti i suoi toni rispetto ai momenti di disagio, rispetto al testo, degli altri interpreti. In effetti la drammaturgia si auto-battezza da sola in un crescendo largamente prevedibile, riscattata dalla imprevedibile fuga finale. Spettacolo su inguaribili sensi di colpa, una tragedia italiana con tanti risvolti. Metafisica la possibilità di riscatto dalla colpa. Dialoghi con ampi momenti di vuoto con la pretesa di rendere significativi silenzio e pause. La conferma che alla nuova drammaturgia italiana, volenterosa, manca sempre qualcosa per un pieno e realizzato approdo al un teatro di serie A.
data di pubblicazione:05/05/2022
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