(Teatro dell’Orologio – Roma, 17/22 novembre 2015)
Spes ultima dea. Speranza è l’ultima divinità che restò tra gli uomini, a consolarli, anche quando tutti gli altri dèi abbandonarono la terra per l’Olimpo. Ma non vi è più speranza di poter tornare a una vita che sia degna di poter essere vissuta in alcune situazioni borderline, come quelle di chi si trova in uno stato vegetativo e che abbia subito con il decorso del tempo danni irreversibili. E allora fingono di essere dèi, decidendo della sorte altrui, tutti coloro che negano la libertà di scegliere di non vivere.
L’accanimento terapeutico non è speranza ma spem contra spem, ovvero un fede cieca e incrollabile per qualcosa di irrealizzabile: ripristinare una situazione che non potrà più tornare quella di prima.
È questo il messaggio che traluce dallo spettacolo Orfeo ed Euridice di César Brie, magistralmente interpretato da Giacomo Ferraù e Giulia Viana.
Due lenzuoli bianchi — come quelli che coprono i corpi dei defunti — fendono il palcoscenico incrociandosi, due linee che si incontrano e scontrano: convergono nel momento iniziale dell’idillio, durante la fase intermedia delle cure portate alla persona in coma, e nel momento finale del ricongiungimento con la volontà dell’amata (ovvero quella di essere lasciata andare a miglior vita); collidono — invece — alle prime acredini tra marito e moglie, allo scontro tra il marito e i medici renitenti a disattivare i macchinari che tengono in vita la moglie, e infine quando dividono l’opinione pubblica riguardo all’eutanasia.
Lo spettacolo si svolgerà esclusivamente su queste due linee che formano una “x”, lettera che si pensa sia derivata da quella greca “theta” e che sintetizza il concetto di morte, “Thànatos”. La figura della morte aleggia costantemente nella sala ed è impersonata da un insolito Caronte ridanciano (che dialoga con il pubblico), brillantemente interpretato da Giacomo Ferraù — che si rivela estremamente abile nel ricoprire ruoli diversi (oltre a quello del traghettatore, infatti, recita anche come marito, medico e infermiere). Non è da meno Giulia Viana, nonostante un corpo minuto sprigiona un’energia sorprendente e contagiosa.
Nella sala Moretti del Teatro dell’Orologio, le lancette del tempo hanno girato più velocemente del normale durante l’esibizione teatrale; non si fa in tempo a sedersi che lo spettacolo è già finito. L’aver assistito ad una recitazione convincente non solo riempie di gioia gli attori per gli applausi scroscianti, ma rallegra qualsiasi spettatore. “La felicità si racconta male perché non ha parole, ma si consuma e nessuno se ne accorge” (Jules e Jim, regia di François Truffaut).
Una piecés da spellarsi le mani per gli applausi.
data di pubblicazione 21/11/2015
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