Evita il rischio di un pedissequo buonismo il regista che rievoca l’epopea di Nicholas Winton, operatore di borsa britannico ma soprattutto filantropo che riuscì a salvare dal delirio nazista 669 bambini e/o ragazzi di nazionalità cecoslovacca, in gran parte ebrei, trovando per la loro ospitalità temporanea nel 1939 altrettante famiglie inglesi disposte ad adottarli provvisoriamente, versando una cauzione di 50 sterline, cifra non modesta per l’epoca.
Una storia vera che viene fedelmente riprodotta nella forbice temporale 1938/1987 con il doppio ruolo del protagonista, eroe in gioventù, riflessivo anziano nel secondo caso che, quasi mezzo secolo dopo un piccolo miracolo di solidarietà, cerca di trovare un senso a quanto fece con vivo senso di umanità all’altezza della seconda guerra mondiale, tra l’invasione dei Sudeti da parte dei nazisti e la quasi immediata occupazione della Polonia. Intervallo chiave perché blocca l’arrivo in treno del blocco più grande, 250 ragazzi da salvare. Il vero protagonista si è spento a 106 anni, 15 anni dopo la moglie più giovane di 40. Come si può intuire un personaggio da film, giustappunto. Non gronda retorica il film. La rivisitazione del passato trova un punto fermo nella monografica puntata di That’s life, un programma che si annuncia come una carrambata e che invece, contrariamente alle attese, tratta con la stessa delicatezza della pellicola il caso. Così l’anziano Winton inaspettatamente si trova circondato dai ragazzi che ha salvato, ora adulti, e ritrova nel presente il senso del passato. Nonostante la sindrome di Asperger e la condizione di over 85, Hopkins giganteggia ben inserito in un ruolo calibrato e che esalta la sua maturità consumata. Nella ibrida colonna sonora c’è anche il “Così fan tutte” di Mozart, un tocco ulteriore di classe. Non sarà deflagrante al botteghino ma si lascia vedere e fa persino commuovere.
data di pubblicazione:09/01/2024
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