(Teatro Prati – Roma, 13 ottobre/26 novembre)
Forse nella stagione teatrale romana non c’è spettacolo di più lunga programmazione di questo. Perché i ritmi di Scarpetta sono aggressivi ed accattivanti e i dodici attori in combinato disposto di farsa assistono meravigliosamente un plot di oltre due ore senza pause e cadute, a parte un frettoloso quanto indispensabile finale consolatorio.
Si sa che da Scarpetta discendono a pioggia i De Filippo (forse più Peppino che Eduardo). Dunque un succo seminale di teatro fatto di guitti, di ammiccamenti, di facilitazioni comiche coraggiose e vigorose. Il Teatro Prati è l’indispensabile presidio di questa comicità, con cultore principale Fabio Gravina che da 25 anni si è specializzato in questa propagazione di testi poco rappresentati e che non hanno niente da invidiare ai ritmi forsennati di Feydeau o Labiche. Un teatro senza lambiccamenti intellettuali di pura intelligente pancia. Gli attori non risparmiano il meglio del proprio impegno con un buon mix uomini/donne e un paio di interpreti che irriconoscibilmente si sdoppiano. Il tema della separazione è alla base del racconto e, incredibile dictu, è uno scaldaletto il tema del contendere. I due coniugi fondano due partiti virtuali e nel terzo tempo, quello della resa dei conti, si ritroveranno in tribunale per lo scioglimento del vincolo salvo ritrovarsi affiattati e ritrovati in un comune denominatore. Galeotto fu il cameriere, bonario ma in fondo perfido. Si ride tanto e con grande soddisfazione. Felice Sciosciammocca è un must e la riattualizzazione è d’obbligo considerando che l’originale è stato scritto nel 1881 ed anche il concetto di famiglia è stata stravolto da allora. Scenografie di pregio e tutt’altro che all’insegna del risparmio.
data di pubblicazione:20/10/2023
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