(Teatro Tor di Nona – Roma, 10/15 aprile 2018 e in tournée in Italia)
Un’autoanalisi dissacrante in diretta, una flagellazione pubblica.
Si parte da Dostoevskij, dal massimo dell’impegno, e si finisce con un accenno di coprofagia. Altissimo e bassissimo un po’ come i chiaroscuri di Emanuele Salce, nato come figlio d’arte e poi ritrapiantato in palcoscenico dopo un percorso non rettilineo fatto di impegni come assicuratore, come universitario mancato, ma soprattutto come portatore sano di un’eredità pesante.
Emanuele, infatti, ha due padri: Luciano Salce e Vittorio Gasmann. E ha trascorso, atipicamente, più tempo con il secondo che con il primo. Capace di riprodurne magnificamente la voce, con timbri a stampo da copia. Dunque, inclinazioni da mattatore? Tutt’altro!
Salce jr. ci racconta la vita con un titolo originale che è la tipica espressione interrogativa del personaggio dei fumetti. La nostra sintesi potrebbe apparire prosaica se ci limitassimo a dire che dopo un accenno di trombonismo, subito messo da parte grazie alle frenate e alle accelerazioni simil registiche del suo partner Paolo Giommarelli, in sostanza si parla di due funerali e di una clamorosa crisi di dissenteria. La sostanza è questa ma indirizzata splendidamente. Perché si ride e tanto anche parlando di un corteo funebre, delle padovanelle di un celebre attore (e tutti pensano a Carmelo Bene o a Gabriele Lavia), della condizione di figlio minore all’ombra di ingombranti personalità.
Il tramite del doppio padre è naturalmente Diletta D’Andrea, prima moglie di Salce e poi di Gasmann. Di qui un intrico di parentele e di contiguità con famiglie importanti. Lo spettacolo è un’impudica rivelazione sul proprio vissuto. È un testo tagliato a misura di verità dove il confine tra rappresentazione e finzione è labile se non nel riconoscimento di alcune funzionali forzature. È uno spaccato di commedia all’italiana (come nei film di Salce) e di “ionismo”, termine di moda, come nella vita del grande Vittorio, precipitato nella depressione fino al capolinea del 2000.
È una sorte di immersione anche psicanalitica in un’esistenza che cerca la propria dimensione dopo il periodo di sbandamento giovanile e riconosciuti rischi etilici.
data di pubblicazione: 16/04/2018
Il nostro voto:
Mumble Mumble, un racconto intimo e autobiografico in cui Emanuele Salce si mette a nudo regalando allo spettatore uno spaccato della vita privata di una famosa ed importante famiglia allargata (Salce_ Gassman) nella quale per sua stessa confessione ha vissuto ai margini quasi da estraneo ed estromesso dal peso della notorietà e della responsabilità delle figure dei suoi due padri (quello naturale e quello adottivo), emblemi del cinema e del teatro italiano. Non una recita ma un racconto in tre parti, condotto attraverso un monologo esilarante ed insieme commovente per l’autenticità e l’unicità dell’uomo e dell’attore (indistinguibili), in cui la voce del suo partner Giommarelli è la voce della sua coscienza che lo aiuta a mettere ordine e ad evidenziare i momenti salienti della sua vita.
Si parla di morte ma con toni dissacranti, tutto serve ad Emanuele per compiere quasi una seduta di autoanalisi così come l’ultimo e divertentissimo racconto dell’incontro e successivo innamoramento avvenuto in un grande museo di Sydney con quella che sarà la sua fidanzata australiana per 5 anni, incontro avvenuto in circostanze imbarazzanti dove simbolicamente si libera di qualcosa che probabilmente si è tenuto dentro per troppo tempo …Vivere circondato dall’anaffettività di quelle che dovrebbero essere le figure di riferimento limita la tua personale evoluzione soprattutto se sei una persona sensibile e non rincorri la notorietà.
Mumble Mumble è uno di quei rari esempi di piccole cose belle che hanno il potere di continuare a lievitarti dentro, lasciandoti un buon ricordo. Questa “impudica rivelazione del proprio vissuto” è qualcosa di davvero intimo che ti senti di consigliare alle persone a cui vuoi bene, sapendo di fare loro un bel regalo. Coraggio e onestà aleggiano durante tutta la rappresentazione in cui, tra risa e battute degne della miglior commedia, all’improvviso, così come il teatro vuole, ci si infrange in parole profonde che colpiscono senza troppi giri arrivando dirette al cuore perchè pronunciate con una sincerità disarmante. Spettacolo non solo da non perdere ma da rivedere!