Moglie e marito, l’opera prima di Simone Godano prodotta da Matteo Rovere e Roberto Sessa, si ispira al tema dello scambio di identità, da sempre caro ai registi e agli sceneggiatori statunitensi in qualche modo ripreso negli anni ’80 anche da qualche pellicola nostrana. Questa volta lo scambio “io divento te e tu diventi me” coinvolge marito e moglie, ovvero lo stereotipo della coppia quarantenne con due figli alle prese con i primi bilanci (esistenziali e professionali), le frenesie della quotidiana routine, la carriera, i figli. La coppia che si lascia ormai sempre più frequentemente destabilizzare dalle fisiologiche incomprensioni, vedendole come insormontabili e optando per la soluzione più rapida e apparentemente ideale: la separazione e il divorzio ormai resi dal legislatore “brevi”. La coppia in questione, Sofia (Kasia Smutniak) e Andrea (Pierfrancesco Favino) – lei giornalista che sta approdando al suo debutto televisivo, lui neurologo afflitto dalla precarietà della conferma del contratto e dagli anni spesi dietro un costoso progetto di ricerca ancora non definito -, è a un passo dal precipizio della parola fine quando viene messa in stand-by proprio dallo scambio di identità realizzato dal cortocircuito di Charlie, il marchingegno creato dalla ricerca sperimentale di Andrea e del suo collega, e migliore amico, Michele (l’ottimo Valerio Aprea). Tra una serie di paradossi, gags e figuracce i due protagonisti finiranno per comprendere meglio l’uno i bisogni, le esigenze, le sofferenze e le aspirazioni dell’atra e a divenire davvero complementari? Sarà sufficiente questa osmosi di memoria e menti finte l’uno nel corpo, nei vestiti e nei lavori dell’altra per recuperare il rapporto e riunire la famiglia? In ogni caso, probabilmente, la chiave di lettura vincente suggerita dal film è quella della scena finale quando il figlio maggiore cerca la madre gridando Mamma: un naturale e complice abbattimento delle differenze di genere nella coppia. Il film è una commedia che vuole, con il sorriso, puntare l’attenzione sul quello che negli ultimi anni è tra i temi prediletti del cinema italiano (Ex, Maschi contro femmine, Perfetti sconosciuti, solo per citarne alcuni): le famiglie e le coppie di trentenni e quarantenni sempre più disorientate, fragili e inclini alla resa. Favino e Smutniak sono bravi nell’interpretare, rispettivamente, una donna e un uomo evidenziandone i tratti che li rendono da sempre due universi spesso lontani anni luce (ovviamente la Kasia Smutniak androgina in gessato, gilè e cravatta ha dalla sua parte una maggiore facilità fisica a vestire e muovere le gesta tipicamente maschili, rispetto al “barbuto” Favino con le gentili movenze femminili). Valerio Aprea, conferma la sua bravura e da spessore e sostegno all’intera pellicola seppure come attore non protagonista, conferendo al film note davvero esilaranti.
Nei primi trenta/quaranta minuti la regia e la sceneggiatura appaiono un po’ disorganiche, dispersive, ma poi si riprendono e il film trova il giusto ritmo.
data di pubblicazione:14/04/2017
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