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MISTRESS AMERICA di Noah Baumbach, 2016

Di : T. Pica

22 Apr 2016 | Accredito Cinema, cinema

La matricola Tracy (Lola Kirke), approdata alla Grande Mela per studiare al College, non riesce a trovare la sua dimensione, accademica e umana, come aspirante scrittrice in una città e in un ambiente universitario che non sembrano ricambiare le sue aspettative e le sono ostili. Brooke (Greta Gerwig), trentenne tuttologa si occupa di tutto e di niente; è sempre al verde ma progetta, nell’ordine, di aprire un ristorante con all’interno tante altre attività, la propria vita di moglie e madre vestale del focolare (pur essendo single) e fa public relations su Twitter e Instagram.

In questa fase di comune difficoltà e smarrimento Tracy e Brooke si incontrano, complice l’imminente matrimonio tra i loro genitori fissato per il giorno del Ringraziamento. Le due protagoniste, prossime a divenire sorellastre, appartengono a due generazioni diverse, così come diverso è il loro modo di approcciare la vita, progettare e relazionarsi con il prossimo. Eppure, nella frenetica New York che si prepara al Thanksgiving Day, le due aspiranti sorelle entrano fin da subito in sintonia. Una sintonia dettata non dalla convenzione della futura (eventuale) parentela acquisita, ma dalla sensibilità con cui, sotto la maschera delle ragazze/donne determinate e sicure di sé che non si accontentano, si “riconoscono” nella massa avvertendo, inconsciamente, di poter contare l’una sull’altra e si sostengono seppur ciascuna con i propri limiti. 

Mistress America – che poi è anche il titolo del breve racconto scritto da Tracy ispirandosi a Brooke con cui l’“anonima” matricola sarà ammessa al circolo universitario dei letterati delle valigette – è un film divertente, ben articolato, dai dialoghi tanto spassosi quanto veri. Tra le luci colorate delle avenues newyorkesi e le irresistibili musiche elettroniche anni ’80 composte da Dean Wareham e Britta Phillips – quasi cucite addosso al look in perfetto stile “Sophie Marceau” di Tracy – il film pone l’accento sull’incomunicabilità e la competizione tra i giovani e sulla generale sensazione di disagio e inadeguatezza offerta dalla società moderna ai ventenni e ai trentenni che vogliono farcela da soli in America, come in ogni altra parte del globo, con la giusta leggerezza ed ironia. Tra dialoghi pungenti, battute geniali – sono quelli che non hanno niente da fare tutto il giorno che ti dicono di essere sempre impegnati e non avere un minuto di tempo per te – e qualche nota che strizza l’occhio alla lacrimuccia, Mistress America ribadisce un’amara verità: coloro che, come Tracy e Brooke, non si adeguano al “modello” di chi rinuncia a mettersi in gioco e a rischiare – spaventato/a dalla competizione anche all’interno di una relazione di coppia – in favore della tranquillità dell’“accontentarsi”, sono inevitabilmente destinati a rimanere isolati.

data di pubblicazione: 22/04/2016


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