(Teatro Vascello – Roma, 25 aprile)
Accompagnato da uno struggente lamento il Minotauro si trascina in catene per consumare in solitudine la sua condanna nel labirinto, un luogo pensato tutto per lui dove si entra per non uscire.
Con questo incipit Dario Carbonelli avvia uno spettacolo di danza dove il flamenco rappresenta al meglio l’idea del ritmo martellante di un’anima che grida dolore: i movimenti, fuori dalle comuni regole coreografiche, rimangono circoscritti in un antro buio, uno spazio solo per il sé e per la propria immagine riflessa.
Una voce narrante ci guida passo passo nel turbinio del dramma mitologico che da sempre ci appassiona e atterrisce nello stesso tempo: il Minotauro ha due facce, come la nostra natura umana, di cui una nascosta e mostruosa, impresentabile in società. Ma proprio questo lato oscuro di noi è quello che nella sostanza ci affascina perché ci attira morbosamente verso il proibito, verso il diverso.
Ecco allora che il flamenco risulta funzionale alla storia perché non rappresenta solo uno stile di ballo, attorno al quale ruota la musica e la poesia, ma diventa una vera e propria filosofia di vita, un’espressione di pura passione.
Mentre all’inizio il Minotauro danza solo per la propria morte, successivamente, dopo l’incontro con la fanciulla destinata ad essere a lui sacrificata, la cadenza assordante dei suoi passi diventa lentamente un inno all’amore.
Tutto però ci riporta ben presto alla caducità della vita ed il filo di Arianna non introduce solo Teseo all’interno del labirinto, ma con sé porta la disperazione e la morte, la punizione e la condanna, il disorientamento e la presa di coscienza finale.
Dario Carbonelli, oramai da anni, orienta la propria attività di ballerino e coreografo esclusivamente verso il flamenco e nel 2015 ha creato un’associazione che promuove corsi e spettacoli per la diffusione in Italia di questa peculiare forma di danza.
Alla chitarra classica i musicisti Marco Perona, Francesco De Vita e Riccardo Rubi Garcia che insieme alle percussioni di Paolo Monaldi ed al sax di Fabio Cimatti hanno formato un ensemble di grande effetto interpretando perfettamente le musiche di Marco Perona che non solo accompagnano il ballo dello stesso Carbonelli, ma anche predispongono la base sonora per le canzoni eseguite da David Palomar, Josè Salguero e Vicente Gelo, sincronizzando il tutto con il ritmo incalzante proprio del flamenco. Riccardo Polizzy Carbonelli ci ha guidato con la sua intensa recitazione in questo percorso di vita, amore e morte che però si può anche rivedere all’inverso, dal momento che il Minotauro passa, attraverso l’amore, dalla morte alla vita. Apparentemente fuori contesto il brano composto e cantato da Carlo Putelli che, con il suo particolare timbro vocale, riesce invece a creare quel giusto contrappunto alle musiche che hanno accompagnato lo spettacolo.
Molta partecipazione da parte del pubblico che si è lasciato trascinare dal vortice frenetico del ritmo andaluso in una atmosfera carica di emozione e tormento, tipica del mondo gitano.
data di pubblicazione: 27/04/2016
Il nostro voto:
Grazie come sempre per le recensioni.
un’ analisi molto pertinente sia per gli aspetti formali che di contenuto: un invito convincente a vedere uno spettacolo che pare qualcosa di più che una semplice performance di flamenco!
Molto bello questo articolo!
Mi piace molto questa critica!
Trovo questo articolo molto interessante, consiglio di leggerlo.
Piu’ che buono. Bravo Kalibano