(Teatro Ambra Jovinelli – Roma, 19 febbraio/1 marzo 2020)
L’esordio teatrale di Ferzan Özpetek è in linea con le attese. Mine Vaganti, film pluripremiato (2 David Di Donatello, 5 Nastri D’Argento), la grande commedia corale che parla di sentimenti, di famiglia, di pregiudizi, ma anche di crescita e di maturità è a teatro in versione nazional popolare queer inclused, secondo una drammaturgia semplificata rispetto al film, efficace e divertente, senza scossoni e senza grandi sorprese.
In scena c’è il giovane Tommaso che torna nella grande casa familiare al Sud. La famiglia Cantone è proprietaria di un grosso pastificio, con le sue radicate tradizioni culturali alto borghesi e un padre che vuole lasciare in eradità la direzione dell’azienda ai due figli. Il ragazzo è deciso a rivelare al colorato gruppo di famiglia che è un omosessuale con aspirazioni letterarie e non uno studente di economia fuori sede, come ha sempre fatto credere a tutti. Ma la sua rivelazione anticipata sul tempo da quella ancora più inattesa dell’altro fratello, Antonio: anche lui è gay. E da lì, tutto cambia. Tommaso si ritrova così costretto a restare nella grande casa paterna, alle prese con i problemi del pastificio di famiglia da mandare avanti dopo che Antonio è stato cacciato dal padre. Ma soprattutto a rivedere i suoi piani per affermare il suo credo nei confronti di un contesto non ancora pronto ad accettare la libertà degli individui e un nucleo familiare pieno di contraddizioni e segreti.
Özpetek sceglie di dare avvio alla narrazione con un lungo e intenso flash back del protagonista Tommaso che intreccia ricordi, dialoghi con gli altri personaggi, presente e passato.
Il richiamo ai personaggi del film è immediato e rischioso, ma l’approccio del regista è vincente in quanto elimina e rivisita particolari e personaggi, mantenendo nel contempo situazioni e battute conosciute e attese. Molto è evocato, qualcosa è cambiato, ma sostanzialmente affidandosi a un ottimo cast corale, Özpetek riesce a mantenere inalterata la briosità della commedia italiana all’interno di problematiche importanti, quali il ruolo della famiglia, il desiderio di libertà e l’affermazione della propria identità, il giudizio della società, i pregiudizi.
Anche il cast si rivela funzionale alla versione teatrale sostenuta da un bravissimo Francesco Pannofino, capofamiglia Cantone e dalla bravissima Paola Minaccioni capace di ridisegnare a propria immagine il ruolo della madre Stefania, mentre manca la forza della vera mina vagante ovvero della grandissima Ilaria Occhini.
Nel cast anche Giorgio Marchesi che qui si confronta con il ruolo del fratello maggiore, ma anche tanti altri giovani tra i quali Antonio Musella nel ruolo di Tommaso.
Mine vaganti si conferma uno spettacolo piacevole e ben confezionato, una favola agrodolce, differente ma non troppo distante dal linguaggio cinematografico di Özpetek.
data di pubblicazione:29/02/2020
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