Oslo (Norvegia), tempi odierni. Harry Hale è un detective della sezione omicidi, alcolizzato, che trascorre le proprie giornate, ubriaco, tra i parchi pubblici della città e l’appartamento della sua ex compagna. Palesemente afflitto e devastato dalla fine della sua relazione, si presenta solo sporadicamente in commissariato e pare non volersi dedicarsi (più di tanto) ai casi a lui assegnati, e giudicati poco interessanti poiché senza morti. Tuttavia, l’improvvisa sparizione di una giovane moglie e madre (con similitudini ad altri casi simili, avvenuti in altre zone del Paese) svegliano Harry dal torpore: seguirà il caso, unitamente alla collega Katrine Bratt, dal passato nebuloso.
Alfredson torna alla regia dopo l’interessantissimo La Talpa del 2011, e dirige Michael Fassbender (nei panni di Harry Hale) nella trasposizione cinematografica del best seller dall’omonimo titolo, scritto da Jo Nesbo.
L’uomo di neve è un thriller duro, cupo e violento, dotato di un ottimo ritmo e di una trama che non può che incuriosire ed incollare lo spettatore allo schermo. Non è solo genere, ma anche riflessione, quando apre la storia apre le porte alle dinamiche di affetti, legami, ma anche drammi familiari. Questi ultimi – che un uomo può portarsi addosso, dall’infanzia all’età adulta – possono distruggere o, in contrapposizione, motivare a far meglio, come provare a mascherare intrighi e giochi di potere, celati da un’astuta maschera di perbenismo.
data di pubblicazione:11/10/2017
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