È la storia degli Eltyšev, ma la loro condizione potrebbe essere quella di una qualsiasi altra famiglia nella Russia del post perestrojka.
Nikolaj, il padre, lavora in polizia nel centro di detenzione per ubriachi, un lavoro che sarà quasi una nemesi, la moglie Valentina lavora nella biblioteca della loro città e si occupa della casa; hanno due figli Artëm e Denis: “il maggiore aveva smesso di studiare, era uno sfaticato nullafacente e un bambinone di venticinque anni compiuti, mentre il minore… Il minore era finito male: in una rissa aveva tirato un pungo in testa a un tale e l’aveva ridotto a una larva. Conclusione: l’altro handicappato e a lui cinque anni di lavori forzati”.
La loro vita si trascina tra insoddisfazioni e recriminazioni fino a quando Nikolaj una notte calca troppo la mano, forse troppo stanco o forse infastidito dalla confusione degli ubriachi, sta di fatto che ne rinchiude quattordici in uno spazio estremamente angusto e, non contento, li fa “irrorare” con il peperoncino… il risultato è che loro finiscono in rianimazione e Nikolaj perde lavoro e casa.
La famiglia è dunque costretta a trasferirsi nel paese avito di Valentina, ospitati da una vecchia zia nella sua izba, una vera stamberga.
È il primo gradino di una inarrestabile discesa verso la totale disfatta; privati di quella che per trent’anni è stata la loro routine, privati del lavoro, senza alcuno stimolo, senza alcuno scopo, gli Eltyšev entrano in una spirale di alcol, fallimenti, violenza e disgrazie che sfocerà nella devastazione del loro piccolo nucleo familiare.
Senčin descrive la banalità della vita degli Eltyšev, il loro squallore e la povertà d’animo che emana dai loro pensieri con un potenza e con una tale verosimiglianza che ci sentiamo soffocati da un profondo senso di amarezza e di oppressione, così come le descrizioni della izba o del rigido inverno della campagna russa “L’inverno fu duro. In certi momenti credettero di non farcela, di crepare in quella tomba di casa, di sbranarsi l’uno con l’altro: il poco spazio scatenava continue liti, attizzava la rabbia” rimarcano l’intenzione dell’autore di instillare nel lettore tristezza e mestizia al cospetto dello squallore dell’esistenza degli Eltyšev.
Una maestria, quella di Roman Senčin, che riporta agli antichi fasti della letteratura russa.
Un libro assolutamente da leggere.
data di pubblicazione:18/02/2018
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