La sera del 28 maggio 1606 in Campo Marzio a Roma, a causa di una banale discussione nata durante il gioco della pallacorda, Caravaggio viene ferito e, a sua volta, ferisce mortalmente il rivale, un certo Ranuccio Tomassoni. Il pittore aveva già avuto con lui diverse discussioni, spesso a causa di donne, che inevitabilmente sfociavano in violente risse, alle quali lui stesso era molto avvezzo. Condannato a morte, deve darsi alla fuga per sottrarsi al suo maledetto destino e, con l’aiuto di nobili famiglie romane, riesce in qualche modo a far perdere le sue tracce…
Come si è già avuto modo di notare, non è facile portare sul grande schermo un personaggio di grande spessore artistico o culturale senza cadere in schemi stereotipati che possano rendere l’immagine stessa del soggetto “sopra le righe”, se non addirittura vicine al ridicolo. Ad esempio, senza voler oscurare la figura del grande regista russo Andrej Koncalovskij, la pellicola da lui diretta e sceneggiata su Michelangelo, nonostante l’impiego di enormi mezzi finanziari e di un cast rilevante, non fu bene accolta da pubblico e critica proprio perché poco credibile nel tentativo di esplorare il mondo dell’artista, così ricco di pregiudizi e di false credenze religiose. Michele Placido, al contrario, riesce in questo film, come autore, interprete e regista, a portare realisticamente sul grande schermo la figura di un uomo che è stato capace di influenzare la pittura del suo tempo e a creare una visione realmente rivoluzionaria del sacro e del profano. Merito proprio di Caravaggio è stato quello di portare nelle grandi pale d’altare personaggi che non erano mai stati rappresentati, sia pur come modelli, quali prostitute, gente del popolo e vagabondi di ogni genere. Il film di Placido ha la forza e la credibilità di portarci in quel mondo, per farci comprendere come l’arte, se è per definizione immagine rielaborata della realtà, mai come in questo caso è proprio tra i poveri e i derelitti che va cercata e mostrata. Frutto di una attenta sceneggiatura curata dallo stesso regista insieme a Sandro Petraglia e Fidel Signorile, il film enfatizza la figura di un pittore maledetto e lascivo che però ha saputo portare l’arte ai massimi livelli di espressione proprio per la sua schiettezza narrativa.
L’Ombra di Caravaggio ha il grande vantaggio di fare riflettere come il passato, tutto sommato, non è altro che una metafora del presente e come dal presente ci si senta spinti ad andare avanti proprio in considerazione degli insegnamenti del passato. Riccardo Scamarcio è un perfetto Caravaggio, sguardo ammiccante e ambiguo in tutte le sue manifestazioni, uomo di mondo ma con quella sensibilità che è prerogativa, paradossalmente, di quegli uomini materiali e poco avvezzi alle buone maniere. L’attore viene egregiamente affiancato da Louis Garrel, nella parte dell’inquisitore, agente segreto del Vaticano, incaricato di ricostruire le vicende del pittore, e da Isabelle Huppert, nel ruolo di Costanza Sforza Colonna, nobile ammiratrice e protettrice del genio. La fotografia, curata da Michele D’Attanasio, introduce sapientemente lo spettatore in quel mondo di luci e ombre tipico della pittura caravaggesca, primi piani perfetti per cogliere l’espressione tormentata dei volti in un contesto ora paludato ora misero e maleodorante. Il film, sicuramente di grande impatto visivo e emotivo, è stato presentato all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma e da qualche giorno è distribuito nelle sale.
data di pubblicazione:09/11/2022
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