1864, Virginia, durante la guerra di secessione. Il caporale John McBarney (Colin Farrell), mercenario nordista gravemente ferito in battaglia, trova miracolosamente ricovero presso un istituto per ragazze, sfuggendo alla cattura da parte delle truppe sudiste.
L’istituto è diretto dall’intransigente signora Martha (Nicole Kidman), che provvede all’educazione delle fanciulle insieme al suo braccio destro Edwina Morrow (Kirsten Dunst): sebbene la tensione della guerra si avverta chiaramente anche al di là delle maestose colonne che cingono la facciata dell’edificio, Miss Martha si sforza di “proteggere” le ragazze, insegnando loro l’arte delle buone maniere, l’eleganza nell’eloquio e nella scrittura, la carità cristiana e la preghiera.
L’arrivo del caporale altera inevitabilmente gli equilibri, per la verità già precari, su cui si regge la piccola comunità femminile. Le pulsioni sessuali, il desiderio di piacere e la voglia di fuggire da quella prigione dorata si risvegliano all’improvviso. John diviene l’oggetto del desiderio, una sorta di trofeo che solo la migliore riuscirà a conquistare. La competizione è più evidente tra Edwina, Martha e la spregiudicata Alicia (Elle Fanning), ma anche le più giovani si prodigano nel tentativo di conquistarsi le attenzioni del caporale. Se inizialmente John, nel classico ruolo di “gallo nel pollaio”, non potrà che compiacersi delle attenzioni di cui è circondato, dovrà ben presto rendersi conto di quanto possano risultare pericolosi gli angeli (non a caso sempre vestite di bianco o con tinte pastello) da cui è stato tratto in salvo.
L’inganno è tratto dal romanzo The Beguiled di Thomas Cullinan, già portato sul grande schermo con La notte brava del soldato Johnatan, diretto da Don Siegel e interpretato da un giovane Clint Eastwood. Le atmosfere sembrano essere quelle care a Sofia Coppola: un universo femminile malinconico e a tratti decadente, una galleria di donne con desideri e spregiudicatezza che nulla hanno da invidiare a quelli tipicamente maschili, un erotismo complesso nelle sue eterogenee sfaccettature. Il cast si rivela all’altezza delle aspettative e anche la regia, la fotografia (Philippe Le Sourd) e la scenografia (Anne Ross) sono quelle delle grandi occasioni: non è un caso, del resto, che il film sia stato incoronato a Cannes con il premio per la miglior regia.
È forse la scrittura, affidata alla stessa Sofia Coppola, a costituire il punto più debole del film. Le battute essenziali, le situazioni macchiettistiche che, forse con intento ironicamente provocatorio, restano ingabbiate nella griglia di stereotipi fin troppo prevedibili, non riescono a restituire pienamente la complessità che, invece, la galleria di fanciulle presenti in collegio sarebbe in grado di rappresentare. Anche l’evoluzione del personaggio interpretato da Colin Farrel è scandito da cesure troppo nette per risultare davvero convincente. Lo spettatore resta in perenne attesa dell’autentica svolta all’interno della storia, ma l’unica vera sorpresa sono i titoli di coda.
Ciò non toglie che Sofia Coppola riesca (nuovamente) a centrare l’obiettivo di un film sontuoso ed elegante, incorniciato dall’inquadratura iniziale e da quella finale che, da sole, ne sintetizzano la vibrante potenza estetica.
data di pubblicazione: 1/10/2017
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Sì Carotina, in effetti le suggestioni che portano alla mente Via col vento sono molte! Non le elenchiamo solo per non svelare troppi particolari della trama a chi ancora non avesse visto il film! 😉
Nonostante appartenga alla categoria dei “figli d’arte” per cui nutro generalmente un po’ di scetticismo, Sofia Coppola riesce sempre a conquistarmi con la sua immensa arte. Concordo, però, sul fatto che il film manchi di qualcosa. Ciononostante riesce a suscitare curiosità e riflessioni che forse, al giorno d’oggi, non è cosa di poco conto.
P.s. Qualcuno ha notato, come me, qualche richiamo a Via col vento?