regia di Flavia Gallo e Chiara Cavalieri, con Giovanna Cappuccio, Chiara Cavalieri e Giorgia Serrao, voci fuori campo di Betti Pedrazzi e Giancarlo Porcacchia
(Teatrosophia – Roma, 9/12 maggio 2024)
Trasposizione moderna della leggenda di Cordelia e delle sorelle Goneril e Regan davanti alla spartizione del regno lasciato loro in eredità dal padre ormai vecchio. Un’analisi veritiera dei complicati e a volte soffocanti processi che regolano le relazioni familiari (foto di Agnese Carinci)
Solitamente si associa la figura di un tavolo all’unione di una famiglia. Ma se si tratta di un tavolo da gioco anziché da pranzo e attorno vi sono sedute tre sorelle, allora la simbologia di una serena aggregazione si distorce. Se poi si aggiunge a questo l’immagine di un tirannico padre anziano che convoca le proprie figlie per spartire l’eredità, seduto dietro la scrivania dove si riunisce il Consiglio di amministrazione della sua azienda, ecco che il quadro si tinge di tinte ancora più fosche. La partita che si gioca premierà chi tra le figlie saprà quantificare meglio con le parole il suo amore per il capofamiglia.
Ha debuttato al Teatrosophia di Roma Le figlie del re, il nuovo spettacolo della scrittrice e regista Flavia Gallo, prodotto da ARS 29 insieme a Humanitas Mundi teatro. Un eccellente lavoro di drammaturgia contemporanea che sa tradurre dalla classicità un materiale umano modellato per essere uno specchio autentico delle nostre paure e frustrazioni. L’antica leggenda dell’anziano re Lear, da cui attinse ispirazione anche Shakespeare, rivive sulla scena attraverso i personaggi delle figlie che mantengono i mitici nomi di Cordelia, Regan e Goneril. I ruoli sono affidati rispettivamente a Giovanna Cappuccio, Giorgia Serrao e Chiara Cavalieri, quest’ultima alla sua prima prova come regista in rispettosa sinergia con l’autrice. Non sembra esistere infatti una gerarchia nell’invenzione registica e drammaturgica. La parola e l’azione si rigenerano in continuazione. Il racconto scenico segue la parola che a sua volta suggerisce immagini e situazioni.
La vicenda è raccontata come se fosse una favola nera, di cui ne traccia l’evolversi la voce fuori campo calda e rassicurante di Betti Pedrazzi. La situazione che vediamo coglie il momento tragico della reazione delle figlie al meccanismo del potere scatenato dal padre, che non compare mai in scena. Bloccate nell’anticamera in prossimità del suo studio, attendono che questo le convochi. La sua presenza è evocata solo nella voce, prestata dall’attore Giancarlo Porcacchia, che canta un vecchio brano italiano. Fisico semmai è il terrore che genera nel cuore e nel corpo delle figlie, che si traduce in rigidità e tic nervosi. Le due maggiori, Goneril e Regan, sembrano difendersi meglio da questa opprimente figura paterna. Goneril è la figlia compiacente, che sa calcolare e controllare ogni strategia. Regan invece è quella irrequieta e ribelle. L’unica che fatica a trovare un posto è la piccola Cordelia, che cerca di custodire la relazione e la memoria del genitore, sfidando la condanna che ne danno le sorelle più grandi. È il solo personaggio a mantenere una capacità lucida di giudizio e ad arrivare al perdono, anche se nell’economia dello spettacolo andrebbe sviluppato meglio nelle motivazioni, magari in una ripresa futura del testo che ha un potenziale eccellente nella scrittura poetica e nel tenere conto della realtà che viviamo.
data di pubblicazione:12/05/2024
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