(Teatro Vascello – Roma, 15/23 maggio 2021)
Dramma domestico con iterazioni sceniche. Un canovaccio per saggiare l’espressionismo del testo e la validità della sinergia attoriale. Con un vivo successo di pubblico.
Un’acclamata autrice inglese su cui una lungimirante casa editrice ha investito addirittura un pezzo di futuro con la pubblicazione di sei volumi dedicati alla sua produzione, nella disponibilità di regia di uno dei talenti più apprezzati del magro parco italico. L’effetto è deflagrante nel sempre vivo teatro della Kustermann che si appresta a celebrare Giancarlo Nanni, indimenticato demiurgo del teatro e dei suoi originali spazi. Il testo è seminale e lo dirige dentro la scena uno degli attori, precisamente quello che interpreta il figlio ubriaco. Ed è un deterrente che ovviamente serve a coinvolgere il pubblico. Ed è un continuo avant’indrè, a ritmo veloce o a ritmo lento. Con gli attori come automi condannati a replicare sempre lo stesso inesausto copione con variazione di stile, di ritmo, di intenzioni. Una sorta di prolungati Esercizi di stile (come non pensare a Queneau). Dunque una tensione che si taglia con il coltello e che presuppone una durata che non vada oltre l’ora. Il realismo di una scena nuda e spoglia mette l’accento sul particolare tecnico dei microfoni vintage,. Il linguaggio è scarnificato, la tensione tra i componenti di una famiglia che attende, diremo quasi invano, la figlia dall’Australia, evidente. I dialoghi sono sempre sull’orlo dell’esplosione. L’attesa è pari a quella di un Godot, l’evocazione di un cadavere, di un’amica, di un tradimento, disseminano nel plot gli elementi di una vita e di un dramma in fieri. Uno spettacolo inquietante che sonda le paure e sembra enuclearle come un messaggio di speranza del post pandemia. La riflessione sul teatro trasmette allo spettatore una sorta di ineluttabile grado zero.
data di pubblicazione:24/05/2021
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