(Museo Carlo Bilotti – Roma, 21 Maggio 2016)
Non appena varchiamo la soglia del Museo Bilotti, una figura minuta, scheletrica, deforme si dirige minacciosamente verso di noi. Il suo volto è coperto da una maschera demoniaca — che rievoca quella di Hannibal Lecter —, mentre il suo corpo si contorce, si dimena, si rotola per liberarsi dalla tela nera in cui è intrappolato, simbolo delle sue paure e angosce. Ai suoi lamenti inumani, si contrappone la melodia incantevole di un violino, che scandisce il frenetico alternarsi delle sue emozioni.
L’essere animalesco non è altro che Calibano (nome che, con tutta probabilità, deriva da cannibale), personaggio de La tempesta di Shakespeare; e noi siamo entrati nel suo mondo incontaminato — nella sera in cui le Muse permettono di visitare il loro tempio anche in notturna — disturbando la quiete imperante nella sua dimora. Con una danza sincopata e inquietante, ci inseguirà per le stanze del museo per riconquistare la supremazia perduta.
Ma nell’ultima sala del palazzo, l’essere mostruoso si dilegua e da dietro un quadro appare un’altra maschera: stavolta è quella dell’ebreo Shylock, o meglio, di un attore che racconterà di essere rimasto intrappolato nel personaggio e che gli unici momenti in cui gli è concesso togliersi la maschera sono determinati dalla musica di un violino. Ed è proprio trasportato dalle onde sonore dello strumento a corde che ripercorrerà la storia del Mercante di Venezia, evidenziando la misera condizione del suo personaggio: avido di denaro, perde ogni suo avere per aver chiesto illegittimamente, ancorché in virtù di un accordo, una libbra del cuore del cristiano Antonio. Nonostante la sua richiesta appaia a prima vista turpe, il suo intento era di rendere più umano il suo antagonista, togliendo dal suo cuore quella parte malvagia che lo portava a macchiare con la sua saliva le vesti del cupido giudeo.
Lo spettacolo è sensazionale sia per le prestazioni degli attori — Vittorio Pavoncello si esalta nell’interpretare i diversi personaggi del Mercante di Venezia; mentre spaventevole e intensa è l’abilità mimica di Ro’ Rocchi — sia per il luogo in cui si svolge: nella sala dedicata a De Chirico anche i capolavori del pittore assistono alla messinscena, contribuendo a realizzare un’atmosfera magica, dove le raffigurazioni dei quadri si fondono con i personaggi dello spettacolo. Anche i manichini dei suoi dipinti — invero —, poiché possiedono a un dipresso l’aspetto dell’uomo, ancorché siano privi di vita, fanno paura e irritano come Calibano e Shylock. In questo mélange tra ambiente e attori, prende vigore il messaggio veicolato dallo spettacolo per una società capace di accettare le peculiarità di ognuno senza discriminazioni, perché: più ci sono diversità e meno sono le differenze.
data di pubblicazione:24/05/2016
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