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LA CENA DELLE BELVE di Vahe Katcha, versione italiana di Vincenzo Cerami – regia associata di Julien Sibre e Virginia Acqua

25 Feb 2019 | Accredito Teatro

(Teatro Quirino – Roma, 19 febbraio/3 marzo 2019)

Incandescente dramma in un interno. Una festa mal riuscita per colpa del nazismo che svela le crepe dei rapporti interni di un gruppo di presunti amici.

 

Un improvviso cambio di registro è la valvola della drammaturgia di uno spettacolo riuscito. L’ambientazione nei fondali della seconda guerra mondiale potrebbe sembrare un po’ retrò ma in realtà si rivela perfettamente funzionale a una situazione che potrebbe avere validità odierna come dimostrano il plot cinematografico di Perfetti sconosciuti o le stridenti storie di Yasmine Reza. L’innesco ricorda la tragedia delle Fosse Ardeatine. Un’ilare festa tra amici viene funestata dall’attentato che toglie la vita a due ufficiali tedeschi. La vendetta è raccapricciante: venti italiani, due per condominio dovranno pagare con la vita questo gesto di ribellione. E l’ufficiale nazista chiede al gruppo di famiglia e di amici in un interno di scegliere autonomamente i due virtuali condannati a morte. Il pretesto scenico è un’eccellente accensione. Come si può immaginare questa beffarda richiesta mette di fronte il gruppo alle proprie paure, a slanci di coraggio più spesso alternati a lampi di egoistica vigliaccheria. Nel contenitore dei due tempi le contraddizioni e i disvelamenti si sprecano. La moglie del padrone di casa si scoprirà poco virtuosa, il medico assai poco efficiente, persino barlumi di omosessualità trapeleranno dall’intreccio. Rari splendori e abbacinanti miserie spaccano i dialoghi. Non sveliamo il finale che non sarà necessariamente drammatico se non per le conseguenze dei rapporti tra i sette protagonisti, dilacerati per come hanno rivelato un fondo di umanità non proprio edificante, a parte qualche rara eccezione. Da sottolineare l’eccezionale omogeneità del cast tra cui spiccano la dolente debolezza del medico interpretato da Gianluca Ramazzotti, il piglio professorale e gassmanniano con cui Emanuele Salce tratteggia il personaggio di Vincenzo e la straordinaria bravura di Maurizio Donadoni alias Andrea. Il titolo sembra quanto mai appropriato a quanto si sviluppa in scena. Amici che si trasformano in belve.

data di pubblicazione:25/02/2019


Il nostro voto:

1 commento

  1. Attori bravi e ben affiatati. Spettacolo godibile che offre interessanti spunti di riflessione.

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