Il sociologo settantenne noto interventista, opinionista senza vecchi steccati destra/sinistra, descrive lucidamente l’abnorme fotografia della società italiana di oggi, legata alla rendita di posizione di una classe sociale che si può permettere di non far lavorare i propri figli sfruttando le fortune accumulate generazionalmente. Un’Italia dove il titolo di studio svalutato non permette l’ingresso al mercato del lavoro e dove più che di stipendio si vive di affitti, di investimenti, di ingenti depositi sul conto corrente bancario. Esaminando uno per uno i Paesi Europei Ricolfi constata che nessuno è in queste condizioni. La condizione di mancata crescita e di grandi patrimonializzazioni familiari oltre all’enorme debito pubblico è il combinato disposto di questa situazione che presenta evidenti punti di vantaggio alla voce “benessere” ma anche grandi criticità visto il blocco dell’ascensore sociale, la stagnazione dei valori primari sostituiti dall’industria del loisir, dalla filosofia dell’apericena e dell’uso indiscriminato dello smartphone. In definitiva una società che gode di un grande surplus e quasi non sa come spenderlo. Una società rivolta al futuro con i soldi accumulati nel passato. Tutto ciò è reso possibile dal servaggio di una parte imponente della società che una volta era sottoproletariato ed ora è lavoro nero di lavoratori stranieri che sono la sovrastruttura che permette lo status. Un esercito di colf, badanti, lavoratori edili che legittimano la situazione di privilegio e senza i quali sarebbe impossibile mantenere uno stile di vita da classe privilegiata. In sintesi Ricolfi ritiene che la pratica del consumo opulento ha creato un’organizzazione sociale che si regge su tre pilastri fondamentali: la ricchezza accumulata dai padri, la distruzione progressiva di scuole e università con un livellamento qualitativo esponenziale e, in basso, un’indispensabile struttura di stampo para-schiavistico. Ecco restituita l’immagine di un’Italia fintamente prospera ma che non ha creato le basi per resistere alle crisi. Forse per la cronica assenza di statisti da queste bande.
data di pubblicazione:15/03/2020
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