Giulia cammina con gli occhi bassi senza un filo di trucco, con una lunga treccia che le oscilla sulle spalle di un vestito castigato. Giulia non sembra appartenere a questo tempo dove ci sono facebook e la rete, e infatti non gli appartiene, perché il suo mondo è la comunità (la setta?) dei Testimoni di Geova e tutto quello che c’è fuori è proibito, pena la disassociazione dal gruppo. Giulia è Sara Serraiocco de La ragazza del mondo, un mondo che si lascia sempre più desiderare nonostante i pericoli che gettarcisi dentro comporta.
La ragazza del mondo è la promettente opera prima di Marco Danieli che getta lo sguardo dentro le stanze del Regno dove la comunità dei Testimoni di Geova si riunisce. Oltre a negare le trasfusioni e ad aver ricevuto più di una volta la fatale scampanellata che te ne annuncia la visita, poco sappiamo del modo che hanno di tenere compatto il loro esercito, minacciato a volte dagli ormoni. Sì perché il film, ispirato a una storia vera, racconta di Giulia, della sua giusta sete di vita, di baci e di desiderio carnale, e che trova in Libero, Michele Riondino, il compagno per aprirsi all’impetuosità di questo desiderio.
La vita di Giulia è regolata dalle adunanze, dal proselitismo, schiacciata da genitori che non le permettono nemmeno di pensarsi all’Università, lei che frequenta un istituto tecnico per ragionieri ed è un vero talento per la matematica. Studiare è coltivare un atteggiamento narcisistico, questo le dice il padre, meglio essere assunte dal mobilificio dove sta già facendo uno stage e scordarsi di farsi stregare dagli algoritmi. Ma Libero, appena uscito di galera per spaccio e a cui Giulia offre un lavoro in azienda, la travolge con la sua fisicità, con la sua scanzonata trasparenza che cozza contro le regole che da sempre le hanno imposto, ma che si fa sempre più strada nel suo sangue.
In un cinema italiano attento a storie che si ambientano tra camera e cucina (mi si passi la spiccia definizione per lo stile del cinema nostrano), il film di Danieli invece riesce a dialogare con un contesto sociale più ampio utilizzando il linguaggio del cinema di genere. Anche se racconta in modo meno convincente la deriva della storia, arrivando, per le vicende che riguardano lo spaccio, a snodi narrativi prevedibili, la personalità di Libero riesce comunque a saldare i distinti mondi, sospeso com’è tra il desiderio di una normalità sentimentale dalle tinte melò e l’appartenenza alla strada.
Scritto molto bene, quasi filologico nell’attenzione ai gesti e ai linguaggi che parlano i vari personaggi rendendoli sempre credibili, si affida a volte (colpevolmente) alla musica come riempitivo per una scena già risolta, come se il cinema da solo non bastasse. Invece le immagini sono “giuste”, serrate nonostante a volte si ripetano. Sullo sfondo una galleria umana che racconta una città sdrucita, disoccupata, lontanissima dalle griffes del centro, davvero dirompente quando arriva Pippo Del Bono, uno degli anziani della comunità, bravissimo nel suo ruolo di controllore viscido e vischioso della morale delle ragazze aderenti ai Testimoni, e guardiano implacabile della coesione della setta. L’atmosfera è soffocante, ma Giulia nonostante qualche incertezza, troverà con coraggio la sua strada, una strada che la porta nel mondo, che ha il sapore della libertà e che imparerà a percorrere da sola.
Sia la Serraiocco che Riondino hanno vinto per le loro interpretazioni il Premio Pasinetti a Venezia, dove La ragazza del mondo era in cartellone alle Giornate, essendo davvero coinvolgenti e credibilissimi. Resta a lungo nello spettatore il passo di questa giovane che dal buio dell’indottrinamento, cerca la luce, percorrendo una città che a poco a poco sarà più sua, una città totalmente priva di smalto e raccontata solo nelle sue strade periferiche che Danieli racconta in modo convincente e senza maniera.
data di pubblicazione:22/11/2016
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