(Teatro Vittoria – Roma, 10/15 ottobre 2023)
Qual è la verità intorno al mito di Edipo? L’indagine condotta in maniera beffarda e grottesca nel racconto di Dürrenmatt diventa uno spettacolo teatrale con protagonista la Pizia, sacerdotessa dell’Oracolo di Delfi, a cui fanno visita ombre e fantasmi prima che la morte venga a prendersela. (ph. Le Pera)
Quando Edipo si presenta a Delfi per domandare alla sacerdotessa Pannychis XI chi siano i suoi veri genitori, la Pizia, ormai cenciosa e svaporata su cui grava il peso dei giorni, vaticina al giovane la cosa più assurda che le viene in mente in quel momento: “ucciderai tuo padre e giacerai con tua madre.” Chi avrebbe mai immaginato che l’oracolo, pronunciato in maniera scanzonata un po’ per noia e un po’ perché è divertente burlarsi della credulità dei greci, si sarebbe poi realizzato?
L’assunto da cui parte Dürrenmatt nel racconto La morte della Pizia, pubblicato nel 1976 e da cui prende il titolo l’adattamento teatrale curato da Patrizia La Fonte e Irene Lösch sulla traduzione di Renata Colorni (Adelphi, 1988), descrive un mondo agli albori della civiltà prima che vengano costruiti templi e teatri – nel significato originale di luogo sacro dove il dramma è un rito religioso – in cui la trascendenza è un dato di pura invenzione e i dubbi che attanagliano gli uomini sono risolti facendo ricorso a indovini e oracoli anziché alla ragione.
Stanca e dolorante per i reumatismi causati da una vita vissuta in una grotta a vaticinare fantasiosi responsi per gente credulona, la Pannychis XI di cui è interprete Patrizia La Fonte vede crescere intorno a sé un mondo di feticci, dal gusto kitsch come l’impianto scenografico in cui è immersa, con al centro il gigante ritratto di Edipo dagli occhi sanguinanti contornato da luci acide e finte come i suoi oracoli. Assistita nel suo lavoro dal sacerdote Merops XXVII, devoto alla Pizia per i soldi che fa incassare al tempio, viene raggiunta da Tiresia con cui ripercorre la vicenda delle profezie che hanno portato Edipo a essere l’archetipo di uno dei complessi più indagati della nostra epoca. Se lei, azzeccando casualmente il futuro, ha vaticinato al giovane il futuro con fantasiosa invenzione solo con lo scopo di mettere ordine alle cose, Tiresia lo ha fatto invece per un calcolo politico, per evitare che tirannico Creonte prendesse il potere su Tebe. Uno ad uno fanno la loro comparsa tutti gli attori della tragedia. Edipo, Giocasta e la Sfinge sfilano in forma di ombra davanti alla veggente, ognuno raccontando la propria verità. La storia che conosciamo non è che una parte di un tutto molto più complesso e insondabile. Ci sarà sempre un particolare che aggiunto al precedente smonterà o cambierà il senso delle cose così come le abbiamo conosciute fino a quel momento. In un contesto come questo, il sacro è svuotato di ogni valore e del tragico non rimane che una caricatura. E in fondo anche le apparizioni, nei loro costumi fortemente tipizzati (opera di Helga H. Williams), sono essi stessi delle caricature.
Patrizia La Fonte e Maurizio Palladino da soli interpretano tutti i personaggi, mostrando un’eccezionale bravura attoriale nella capacità di cambiare carattere con la stessa facilità con cui cambiano l’abito di scena, magistralmente guidati Giuseppe Marini. Questo risalta come il dato più teatrale della messa in scena che di contro propone un testo a tratti difficile da seguire per l’intenso filosofeggiare. Tuttavia il comico è assicurato e, come il dubbio, rimane come forte gesto democratico che nasce quando si prende distanza dall’altro. La Pizia affronta così anche la morte, con lo spirito quasi carnevalesco di chi sa mettere da parte il dolore e l’afflizione e accettare il tragico come accadimento inevitabile, incalcolabile, imprevedibile.
data di pubblicazione:14/10/2023
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