99 Homes aveva raccontato la crisi dei mutui subprime descrivendo gli effetti disastrosi derivanti dall’esplosione/implosione della bolla immobiliare e collocandosi dalla prospettiva delle vittime “ignare”, sorprese e travolte dallo tsunami finanziario. La grande scommessa descrive invece il momento immediatamente precedente alla deflagrazione del sisma, inquadrando la catastrofe dall’ottica degli addetti ai lavori: operatori finanziari outsider che, spacchettando la complessa architettura delle obbligazioni immobiliari e prevedendo l’incombere del default su molte banche americane, decidono di “vendere allo scoperto”, di scommettere contro titoli di cui si ipotizza il futuro ribasso. Il vaso di Pandora scoperchiato dalle analisi di chi si troverà suo malgrado a svolgere il ruolo di inascoltata Cassandra, rivela una trama fraudolenta che tiene insieme il sistema bancario, la FED (Banca centrale americana) e le agenzie di rating, mostrando una diffusività epidemica capace di contagiare l’economia mondiale.
Adam McKay, noto per il suo registro leggero, si confronta con il libro di Michael Lewis The Big Short – Il grande scoperto e riesce nella non scontata impresa di individuare il giusto equilibrio tra i toni della commedia amara e quelli più propriamente drammatici, restituendo un film in effetti refrattario all’inquadramento di genere.
Il cast è quello delle grandi occasioni. Il superbo Christian Bale nel ruolo di Michael Burry, incompreso gestore di fondi di investimento che cammina a piedi nudi in ufficio ascoltando heavy metal; Ryan Gosling-Jared Vennett, cinica voce narrante del film; Steve Carell, cui è affidato il personaggio di Mark Baum, perennemente sospeso tra le ragioni del profitto e quelle della morale. E infine c’è Brad Pitt, anche produttore del film, protagonista indiscusso del lancio pubblicitario: Ben Rickert, “lupo di Wall Street” in pensione, sia pur centellinato nelle sue apparizioni, restituisce forse il senso autentico della storia.
La sceneggiatura è necessariamente intrisa di tecnicismi economico-finanziari, tanto evidenti da suggerire al regista curiose (e riuscite) parentesi didascaliche, affidate per esempio a Selena Gomez e Margot Robbie, che, immerse in vasca da bagno sorseggiando champagne o sedute al tavolo da gioco, “traducono” per lo spettatore medio e sprovvisto di conoscenze specialistiche il linguaggio (volutamente) oscuro della finanza.
Proprio la scelta di strumenti di narrazione non convenzionali si rivela il tratto davvero vincente di un film corale complessivamente riuscito. La grande scommessa sconta tuttavia dei tempi eccessivamente dilatati, durante i quali il racconto filmico non mantiene sempre la dovuta incisività e che, quando i siparietti didascalici sono conclusi, lasciano un senso di smarrimento, anche nel più volenteroso “spettatore medio”, probabilmente eccessivo.
data di pubblicazione 10/01/2016
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La grande DELUSIONE! Esaltato oltre modo, il film aveva creato numerose aspettative che, a mio modesto avviso, ha disatteso. Il linguaggio tecnico utilizzato per l’80% dei dialoghi, che si susseguono per la durata di quasi due ore, stanca anche lo spettatore più diligente il cui compito di traduzione-interpretazione non è nemmeno in minima parte agevolato da quegli interventi esplicativi gentilmente offerti da bellezze quali Margot Robbie e Selena Gomez (li definirei piuttosto interventi quasi offensivi: se la tematica è così semplice per la bionda brilla immersa nella vasca da bagno o per la brunetta impegnata a giocare a Black jack, la puoi comprendere anche tu no?!). Il mio disappunto, tuttavia, non si basa su una semplicistica lamentela dettata dalla noia di non aver compreso più della metà delle battute che compongono il film: la bolla immobiliare che ha stravolto l’economia mondiale e ha messo in ginocchio tantissime persone meritava di essere smascherata, nei suoi più meschini meccanismi, attraverso una limpida ricostruzione della vicenda. E, d’altro canto, che poco trasparenti pratiche economiche siano state in modo avvincente e facilmente rappresentate sul grande schermo è provato dal bellissimo film “Wall Street” di Oliver Stone, dimostrazione assoluta che le pratiche degli approfittatori fraudolenti del gioco della Borsa possono essere comprese da un vastissimo pubblico, purché le si sappia illustrare con intelligenza e con reale volontà di condanna.