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LA GOVERNANTE di Vitaliano Brancati, regia di Guglielmo Ferro

8 Mar 2019 | Accredito Teatro

(Teatro Quirino – Roma, 5/17 marzo 2019)

Il potere della calunnia genera il dramma in casa Platania, dove un capofamiglia troppo moralista preferisce prendere le parti di una governante creduta da lui esempio ineccepibile di virtù. Ma la verità viene fuori e a morire per i sensi di colpa sarà proprio chi ha diffamato un’innocente cameriera.

 

 

Leopoldo Platania è un borghese siciliano che vive a Roma con tutta la sua famiglia. Alle spalle il doloroso ricordo della figlia adolescente, che si suicidò in seguito a un rimprovero dato con troppa forza. Si capisce immediatamente che un granitico moralismo impera nella sua mente, fino a renderlo cieco e sordo, incastrato nei pregiudizi delle regole dell’agire corretto. L’estrema adorazione per la governante francese appena assunta, che conquista immediatamente la stima dell’uomo per i suoi modi severi e rigidi, non gli fanno vedere la verità. Caterina Leher, questo il nome di lei, in realtà è una donna infelice che nasconde un tormento. Per un disegno vile e calcolatore accusa di omosessualità la povera cameriera Jana, che viene cacciata per questo a malo modo dalla casa e rispedita in Sicilia. In realtà è lei a vivere questa condizione di diversità e quando verrà scoperta sul fatto, perché la verità poi si manifesta sempre, supplicherà ipocritamente il perdono. Da esempio di perfezione assoluta si rivela così il prototipo dell’antieroina per eccellenza. La recitazione di Ornella Muti, nei panni della governante, conferisce al personaggio quel grado di colpevolezza e di punizione autoinflitta che lo distingue.

La commedia, che subì la censura proprio perché tratta anche il tema dell’omosessualità, nonostante sia stata scritta nel 1952, dimostra con sconcertante chiarezza di essere ancora attuale, non fosse altro che per il disorientamento che crea ancora la percezione della diversità e l’agghiacciante facilità con cui a volte si giudicano le vite altrui. Ecco giustificata allora una messa in scena del tutto fedele al testo, anche nelle didascalie. L’interpretazione naturalista si apprezza molto nella recitazione di Enrico Guarneri, nel ruolo di Leopoldo, ma si vede anche nella costruzione della scenografia, che ripropone esattamente l’interno di un appartamento borghese anni Cinquanta. Unico elemento simbolico le pareti, recise a salire come da un colpo di sciabola, che da una parte richiamano l’imperfezione della morale vigente sulla quale è costruita la società, dall’altra sono presagio dell’esistenza recisa della protagonista, che sul finale si toglierà la vita dopo aver appreso la notizia della morte di Jana.

data di pubblicazione:08/03/2019


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