Nel mondo di oggi, industrializzato e globalizzato, fondato sulla concorrenza spietata per il perseguimento della logica del profitto e dove non esistono regole morali nè si rispettano i valori e la dignità dell’uomo in quanto tale, non è impresa facile incasellare il concetto di felicità, inteso come benessere proprio e degli altri. La felicità è un sistema complesso è un film in cui semplicità e complessità vanno a braccetto e non possono essere spiegate né raccontate, ma forse possono essere capite, fermandosi ad osservare.
Il film di Gianni Zanasi ci introduce lentamente in un labirinto di situazioni estreme, molto calzanti con la società di oggi, dove per il protagonista Enrico Giusti, un Valerio Mastrandrea in stato di grazia che si conferma uno dei migliori attori italiani del momento, non risulta facile venirne fuori a causa della complessità del sistema stesso che ruota attorno a lui e nel quale si trova suo malgrado invischiato. Con alla spalle un passato privo di affetti e di certezze, abbandonato da un padre fuggito in Canada a seguito di un crack finanziario ed un fratello minore balordo ed incapace di affrontare responsabilmente una posizione chiara verso la propria ragazza israeliana (Hadas Yaron), Enrico si ritaglia un ruolo che non è né da vittima né da carnefice, ma da arbitro, facendo coincidere la sua vita privata con la sua occupazione. In maniera assolutamente consapevole lavora accanto a gente senza scrupoli, veri e propri avvoltoi, che non esitano a piombare su rampolli viziati ed incapaci di gestire i patrimoni industriali ereditati, per acquisirne i pacchetti azionari a poco prezzo. Il suo ruolo è solo quello di indurre le cavallette, come li chiama lui, a fare esattamente ciò che da soli non hanno il coraggio di fare, aiutandoli a cadere nel vuoto delle proprie vite per lasciarsi alle spalle tutto ciò che i propri padri hanno costruito in una vita di lavoro.
Ma un bel giorno arriverà anche per Enrico la classica situazione spiazzante in cui questo gioco, così ben architettato, non funzionerà più allorquando Filippo e Camilla, due giovani rimasti improvvisamente orfani di entrambi i genitori, si mostrano contrari a voler facilmente cedere allo zio e ad altri speculatori la propria quota di maggioranza del gruppo industriale che hanno ereditato. E dunque la felicità che noi tutti cerchiamo è reazione? Oppure il sistema è veramente tanto complesso che ci è negato il raggiungimento della stessa? O basta un semplice improvviso atto di apparente follia per farci scoprire che la felicità sta proprio a portata di mano, nelle cose semplici e apparentemente insignificanti come preparare una torta di mele?
Dopo Non pensarci Zanasi si conferma un regista non convenzionale che sa raccontare storie-non storie, piene di “torte di noi”, e ri-trova in Valerio Mastrandrea il suo attore feticcio in grado di esprimere sentimenti attraverso non solo le parole ma anche nell’ironia dello sguardo e in una mimica molto romana, regalandoci un personaggio camaleontico, da amare.
data di pubblicazione 29/11/2015
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