Adam, figlio di un modesto pescatore, ottiene una borsa di studio per andare a studiare nella prestigiosa università al-Azhar al Cairo, il più importante centro di studi islamici in Egitto. Appena pochi giorni dopo il suo arrivo, muore il grande Imam a capo dell’istituzione e si deve ora affrontare il problema della nomina del suo successore. Il sistema di sicurezza interno dello stato egiziano vorrebbe imporre un suo uomo e Adam, senza volerlo, si trova coinvolto in un piano strategico, privo di qualsiasi scrupolo pur di raggiungere il proprio obiettivo.
Tarik Saleh è un regista e sceneggiatore svedese ma di padre egiziano, per cui si può dire che abbia nel suo DNA lo spirito e la cultura propria dell’Egitto. Nonostante la critica non lo abbia subito accolto favorevolmente, si è fatto soprattutto conoscere per The Contractor, distribuito lo scorso anno, un mix tra film di denuncia e classico thriller d’azione. Sempre nel 2022 il regista ha scritto e diretto La cospirazione del Cairo, presentato in concorso al 75° Festival di Cannes dove è stato premiato per la miglior sceneggiatura e poi scelto per rappresentare la Svezia, come miglior film straniero, ai premi Oscar 2023. Questa pellicola è difficile da classificare e si potrebbe definire un film di denuncia verso le pubbliche istituzioni, sia religiose che politiche, che entrano in collisione tra di loro per puro opportunismo. Un thriller politico quindi che rivela, e noi italiani ne abbiamo avuto recentemente una prova, come i servizi segreti interni egiziani siano intrisi, al pari di quelli spirituali, di un’etica tutta propria dove una parte tende ad avere il controllo sull’altra.
Al centro di questo scontro tra laicità e religione, si ritrova, inconsapevolmente, il giovane Adam (l’attore palestinese Tawfeek Barhom) costretto a infiltrarsi e a barcamenarsi tra questi giochi di potere, mettendo la propria stessa vita nelle mani di gente senza esitazione. Adam è uno spirito puro, imprigionato con la sua innocenza in un intrigo dalle tinte oscure da dove non riesce a venirne fuori se non offrendo, in nome della verità, persino la propria vita. Il coraggio del regista si spinge oltre l’immaginazione per rappresentare un mondo contraddittorio dove persino il rigore religioso islamico, con i suoi principi rigidi e intoccabili, lascia spazio a corruzione e efferatezza.
Il film incuriosisce, non solo perché ha una trama coinvolgente, ma perché ci porta dentro al cuore dell’Islam per farci capire quel mondo, a noi tutto sommato conosciuto quasi esclusivamente per lo spirito oltranzista che lo contraddistingue. Un tema non facilmente digeribile in Egitto che ha bandito Saleh dal paese, costretto a girare a Istanbul usando la moschea di Solimano come location per l’Università islamica di al-Azhar.
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