Gli spazi di Incontri ravvicinati rappresentano uno dei tratti più interessanti della rinnovata veste della Festa del Cinema di Roma.
La conversazione del Direttore artistico Antonio Monda con l’attore britannico Jude Law diviene un viaggio attraverso il cinema degli ultimi decenni, capace di rendere omaggio ad alcuni dei registi più rappresentativi (non solo) nell’immaginario del grande pubblico: lo spirito della “Festa”, in altri termini, ne esce restituito in tutta la sua sfaccettata complessità.
Si parte dal ricordo di Stanley Kubrick, ispiratore del progetto di A.I. – Intelligenza artificiale, ma morto prima di vederlo realizzato da Steven Spielberg. Jude Law ricorda con piacevole stupore la disponibilità di un regista come Spielberg a ricercare la continua collaborazione con i suoi attori, accettando per esempio i suggerimenti dello stesso Law nella definizione di alcuni dei dettagli più distintivi del personaggio di Gigolò Joe.
L’incontro prosegue con la proiezione di clip tratte dalle proficue collaborazioni con Anthony Minghella (Il talento di Mr. Ripley e Ritorno a Cold Mountain), per poi coinvolgere il pubblico della Sala Sinopoli nelle proteiformi atmosfere di Sherlock Holmes, Wilde, Sleuth, Road to perdition, Gattaca, Anna Karenina, Closer. Proprio l’eterogeneità dei ruoli interpretati offre a Jude Law l’occasione per una più ampia riflessione sul mestiere dell’attore. Si definisce un “ragazzo fortunato” che ha il privilegio di svolgere un lavoro affascinante, nel quale chi non riesce a divertirsi dovrebbe forse interrogarsi su come questo sia possibile. Se da adolescente l’istinto era indubbiamente la componente prevalente nel momento in cui si trattava di indossare le vesti le personaggio, la maturità professionale lo ha portato a confrontasi anche con il metodo della preparazione accurata del ruolo: per quanto, avverte Law, gli eccessivi approfondimenti relativi alla cornice in cui si inseriscono i personaggi (soprattutto quelli storici o letterari) rischiano a volte di risultare superflui o fuorvianti, trattandosi di un lavoro non sempre risolutivo per la buona riuscita del film. Ciò che importa, piuttosto, è il confronto con colleghi dello spessore di Michael Caine, Tom Hanks, Paul Newman: perché, come ricorda il Direttore Monda, il mestiere dell’attore è un po’ come quello del tennista, il cui talento si esalta al cospetto di altro campione.
La realizzazione di un film muta poi, nei modi e nello spirito, a seconda del budget di cui la produzione può disporre. Un budget limitato riesce a valorizzare la passione autentica, anche in ragione dei tempi contingentati che riducono significativamente tanto i tempi di lavorazione quanto il margine di errore.
La differenza reale passa però, sempre e comunque, attraverso la personalità del regista e la sua capacità di dirigere gli attori.
Non può mancare un riferimento al lavoro in corso con Paolo Sorrentino, che negli ultimi mesi ha portato Jude Law a soggiornare spesso nella Capitale. Non è concesso rivelare molto del nuovo film: solo che Law interpreterà un giovane Papa americano e che questo lo obbliga a indossare un tanto prezioso quanto ingombrante costume di scena, costringendolo a pose e posizioni goffe e complicate.
Il film che Jude Law sceglie per concludere l’incontro è La morte corre sul fiume, prima e unica regia di Charles Laughton, talento incompreso dalla logica degli Studios. Il cinema, secondo Law, è a volte talmente impegnato nella ricerca della verosimiglianza da dimenticare quanto alte possano essere le vette che attori e registi riescono a toccare affidandosi al propulsore della fantasia: un tocco di surreale e poetica teatralità può arricchire l’opera cinematografica della sfumatura in grado di fare la differenza.
data di pubblicazione 18/10/2015
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