IN SPITE OF WISHING AND WANTING di Wim Vandekeybus

14 Ott 2016 | Accredito Teatro

L’11 e 12 ottobre 2016, in occasione di Romaeuropa Festival 2016, il Teatro Argentina di Roma ha ospitato il ritorno di Wim Vandekeybus e della sua compagnia Ultima Vez, con In spite of wishing and wanting revival, con regia, coreografia, scenografia di Vandekeybus e musiche originali di David Byrne.

Danzatore, coreografo, regista e filmmaker, apparso sulle scene alla fine degli anni ottanta, Vandekeybus appartiene al prolifico panorama artistico fiammingo, da cui provengono tanti nomi della danza contemporanea, come Anne Teresa De Keersmaeker, Jan Fabre, Frédéric Flamand e Ann De Mey.

Il lavoro che al suo debutto, nel 1999, fu accolto calorosamente in tutto il mondo e conquistò l’attenzione di critica e pubblico, a motivo del linguaggio artistico proposto, innovativo e forte, torna in scena al Romaeuropa Festival con un nuovo cast composto da dieci giovani danzatori chiamati a interrogarsi sui temi del desiderio, del sogno e della passione.

Uno spettacolo poetico, intenso e appassionante che esplora il terreno dell’inconscio, raccontando i desideri impossibili e le paure di dieci perfomer, espressione di danza fisica, energica, scatenata, ribelle, ma anche ingenua e giocosa. Il sogno di essere un cavallo accomuna gli interpreti di questo balletto. Il morso in bocca li unisce e li imprigiona, si muovono in scena come stalloni selvaggi, battono gli zoccoli, galoppano attorno a velocità furiosa, saltano in mezzo al pubblico.

La musica appositamente composta da David Byrne è ossessiva  e sensuale, totalmente coinvolgente. Non vi è alcuna scenografia, ma lo spettacolo si appropria e coinvolge magicamente tutto lo spazio teatrale attraverso la luce, la danza e la voce.

Ognuno racconta nella propria lingua. Vandekeybus non rinuncia alla parola attraverso monologhi su un’infanzia che non è mai stata dimenticata, sul desiderio di libertà, con risate ed esplosioni di rivolta. Uno dei giovani ha paura di perdersi, non riconosce più il mondo, urlando e dimenandosi. Ci si potrebbe perdere nei sogni, ma un cuscino esplode ed è tutto un turbinio di piume. Ed è un susseguirsi di storie, immagini, movimenti frenetici e plastici, ritmo ed estasi.

La danza s’interrompe e su uno schermo proiettano The Last Words ispirato a due racconti dell’argentino Julio Cortazar – una parentesi in italiano, «dagli accenti felliniani» come la definisce il coreografo-regista, una storia surreale come quella in scena. La paura di essere posseduto da qualcosa o da qualcuno ha anche un’altra faccia: il desiderio di cambiare qualcosa o diventare qualcun altro.  Paura e desiderio: le facce della stessa medaglia.

Spettacolo imponente, con momenti danzati indimenticabili, emotivamente più coinvolgenti rispetto al racconto, in voce e in video, che rimane forse un po’ troppo slegato rispetto al trionfo del movimento.


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