La terza volta di Liliana Cavani alle prese con la figura gigantesca del Santo di Assisi, quasi un’ossessione che ritorna ogni ventina d’anni a tormentare la creatività della grande regista imponendo un necessario ripensamento e approfondimento.
Nel 1966 il primo incontro, abbastanza casuale, una proposta accettata dall’allora giovanissima Cavani, con modesto interesse da parte sua, poi risolta in un film televisivo che forse rimane il migliore dei tre, permeato da sollecitazioni contemporanee (le prime proteste giovanili, la contestazione agli albori) e che dal punto di vista formale risentiva sia del cinema didattico e politico sia dell’influenza del teatro epico brechtiano (di quegli anni sono i grandi allestimenti di Giorgio Strehler). Fu un Francesco che nulla concedeva all’iconografia né alla leggenda favolistica. Quasi inesistente l’aspetto dei miracoli, molto presente, invece, quello della “scomodità” del personaggio. Qualcosa di lontano dal “pazzerello” di Dio tratteggiato quindici anni prima da Rossellini e per nulla parente dall’immaginifico film che dopo qualche anno creerà Zeffirelli. L’edizione del ‘66, Francesco di Assisi nonostante, quindi, fosse scevra da ogni spettacolarizzazione, fu successo di venti milioni di spettatori, il protagonista Lou Castel fu lanciato come perfetto interprete di personaggi difficili e l’anno stesso girò I pugni in tasca.
Diversa la scena mondiale e il respiro culturale nel 1989, l’anno del secondo film, intitolato semplicemente Francesco: Liliana Cavani era diventata una regista di fama internazionale, autrice di grandi e famose pellicole, come Il portiere di notte, Aldila del bene e del male e molti altri. La produzione necessitava di nomi hollywoodiani e Mickey Rourke nel ruolo del titolo e Elena Bonham Carter come Chiara sembravano avere l’innocenza e la naiveté dei loro personaggi. Questo secondo film, ovviamente, non aveva nulla del didascalismo del primo, la storia cominciava laddove finiva l’altro, ancora oggi restano nella mente le scene eremite sulla neve, il viso tormentato di Rourke tra il dolore e il mistero della santità. La spiritualità, il misticismo hanno preso il posto della contestazione, forse per questo la fortuna di questo film al botteghino è stata decisamente relativa.
Oggi questo nuovo Francesco ai tempi di Papa Francesco, nasce dalla voglia di approfondire alcuni aspetti trascurati volutamente nei due precedenti, come l’esperienza ad Oriente e di esaltare l’impossibilità di incasellare la figura di Francesco in qualsivoglia categoria, perché la sua vita e le sue scelte sono atipiche, estreme, positivamente contraddittorie e in ultima analisi, impossibili da omologare, è questa la sua modernità, come dice la Cavani, non è possibile inquadrare Francesco nel passato, ma se mai nel futuro. Il film prodotto dalla CIAO RAGAZZI della Rai, ha per pubblico ideale i giovanissimi e troppe volte nel corso della fiction prevale un linguaggio facile e televisivo che lascia il tempo che trova, ma nonostante ciò Francesco ci tocca e incanta egualmente, soprattutto quando si percepisce quella che Diego Fabbri chiamava la follia del Cristianesimo puro.
data di pubblicazione 10/12/2014
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