(Teatro Due – Roma, 10/14 marzo 2015)
A vussìa cuntamu stu cuntu. Con questo “incipit” i due protagonisti ci raccontano una storia popolare siciliana nella quale non possono mancare gli ingredienti di base: storia, leggenda, tragedia, farsa.
Ma chi può rappresentare al meglio tutto questo se non la marionetta? I pupi nel gergo siculo. Ed ecco qui rappresentata la storia (u cuntu), tratta da un romanzo di Andrea Camilleri e basata su un episodio storico del 1718 quando, a seguito di una rivolta popolare contro la guarnigione sabauda al potere, Zosimo, contadino istruito, diventerà il Re di Girgenti, anche se per poco.
Domata la rivolta verrà infatti condannato a morte, ma dal patibolo il suo spirito potrà finalmente volare libero su un aquilone e da quel punto di osservazione, sempre più alto nel cielo, potrà osservare le miserie del mondo, ma anche l’immensità dell’universo.
Sorprendenti le interpretazioni di Massimo Schuster, pluripremiato attore e regista lodigiano che ha fondato nel 1975 il Théâtre de l’Arc-en-Terre e del catanese Fabio Monti, direttore artistico e fondatore della Compagnia EmmeA’ Teatro, che danno voce alle varie marionette in un serrato e ben espressivo dialetto siculo, diventando loro al tempo stesso marionette con una mimica drammaturgica degna dei migliori cantastorie siciliani di un tempo.
Di conseguenza, non è tanto la vicenda narrata che tiene tutti con il fiato sospeso, quanto l’intensità dei suoni degli strumenti utilizzati, ora prorompenti ora appena percettibili, che fanno da accompagno a quella specifica musicalità del dialetto utilizzato che, grazie al buon Camilleri, è entrato oramai a far parte del lessico familiare italiano.
data di pubblicazione 12/03/2015
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