Michel Hazanavicius, poliedrico e talentuoso regista e sceneggiatore, dopo i premi vinti a Cannes nel 2011 ed i cinque Oscar nel 2012 per The Artist, torna nuovamente sugli schermi con Il mio Godard. Il film già dal titolo potrebbe sembrare uno di quei prodotti di genere che gli Americani definirebbero come biopic, ma non è affatto così: è qualche cosa di ben più raffinato, che potremmo definire un falso biopic, o meglio, una sottile ed impertinente commedia, venata di ironia, charme e humour intelligente tipico del miglior Hazanavicius.
Il mio Godard è un perfetto equilibrio fra omaggio e delicata desacralizzazione dell’icona Godard, il maestro principe della Nouvelle Vague, regista politicamente arrabbiato ed impegnato; contemporaneamente, è anche una frizzante ed ironica sottolineatura dei difetti e contraddizioni del Godard uomo con tutte le sue caratteristiche ed egocentriche debolezze, ispirato alle vicende reali riportate nel libro autobiografico della ex moglie nonché musa del regista. Un sapiente collage di momenti seri e faceti della sua vita, un ritratto sia aspro, sia affettuoso.
Siamo a Parigi nel biennio 1967-1968, Godard (interpretato dal talentuoso Louis Garrel) sta girando La Chinoise con protagonista l’amore e musa del momento: Anne Wiaremsky (la brava e delicata Stacy Martin). Sono entrambi felici, lei ha quasi 20 anni, lui 37, sono innamorati, seducenti e sedotti, l’uno della bellezza e dolcezza di lei, l’altra del fascino intellettuale del regista e dell’uomo. Si amano, convivono, e si sposano. Il film però, alla sua uscita è un fiasco totale, sia di critica, sia di pubblico. La dura realtà, l’imprevisto insuccesso, mettono in crisi profonda il regista.Da un punto di vista artistico Godard pone in dubbio le proprie capacità ideative, realizzative e tutto il senso ed il valore delle opere prodotte fino a quel momento.
Da un punto di vista privato, le sue incertezze e, contemporaneamente il suo ego smisurato e narcisistico, incrinano nel profondo la sostanza del suo rapporto affettivo con la moglie, compagna, musa ed attrice.
Con l’esplosione poi del Maggio Francese nel 1968, con tutte le sue esasperazioni rivoluzionarie, culturali, sociali ed artistiche, Godard, ormai in piena crisi, si trasforma profondamente da artista innovativo di avanguardia in un regista con forte connotazione politica estremistica, rivoluzionaria e “maoista”. Ormai si è posto fuori e contro tutto il sistema artistico e politico, è ormai un militante ed attivista tanto incompreso quanto incomprensibile ai suoi stessi amici, ai colleghi, ai collettivi studenteschi ed al pubblico.
Hazanavicius ci restituisce con tenerezza ed un sotterranea malinconia, in ogni più minimo dettaglio, anche con un voluto uso del technicolor per meglio renderci i colori netti del cinema di quegli anni, l’epoca, i luoghi e le atmosfere di quelle settimane esaltanti di Parigi.
Guarda, con tutta la tenerezza di chi, 50’anni dopo, sa come sono andate le cose, i sogni rivoluzionari, le affermazioni contro la Società, il mito del maoismo egalitario e salvifico per cui Godard lotta e sogna.
Il film procede con un ritmo leggero, quasi senza prendersi troppo sul serio, quasi ammiccando allo spettatore. E proprio questa ricercata leggerezza narrativa, tra l’insolente e l’affettuoso, tra il divertito ed il divertente è la vera chiave narrativa con cui si deve leggere tutta l’opera. Pellicola intelligente, frizzante che ci fa pensare che un film d’Autore può e, non deve aver vergogna di essere, anche un gradevole divertimento.
data di pubblicazione:12/11/2017
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