Arthur e César sono amici sin dai temi dell’infanzia quando frequentavano lo stesso rigidissimo collegio lontano da Parigi. Diversi caratterialmente e con un vissuto oramai alle spalle, i due si rincontrano dopo anni ed iniziano a rifrequentarsi assiduamente dividendo persino la casa. Motivo di questo inatteso avvicinamento: un malinteso per cui ognuno dei due è convinto che l’altro abbia un cancro incurabile e con pochi mesi ancora da vivere…
De La Patellière e Delaporte, coppia di registi ben affermata, da vent’anni firmano insieme commedie di grande successo, basti pensare a Cena tra amici del 2012 basata su una famosa pièce teatrale ripresa nel 2015 dalla nostra Francesca Archibugi che ne ha curato un adattamento ne Il nome del figlio. Presentato nel 2019 alla Festa del Cinema, Le meilleur reste à venir ben si inserisce in un filone di film francesi che caratterizzò la passata edizione della kermesse romana. Il film ha come ingrediente principale la leggerezza, un vero e proprio inno all’amicizia e a quanto la diversità ne sia un elemento indispensabile perché essa possa radicarsi. I due protagonisti Arthur e César (interpretati rispettivamente da Fabrice Luchini e Patrick Bruel) pur completamente opposti nella vita, rappresentano il classico esempio di una collaudata coppia di amici disposti a tutto pur di non mettere in discussione il sentimento che li unisce.
Nel film troviamo una serie di equivoci, a volte persino banali se non addirittura farseschi, trattati in maniera geniale e frutto di una sceneggiatura ben curata in ogni minimo dialogo/dettaglio. Il risultato ottenuto è stato quello di aver creato, da una storia scontata, una commedia brillante e divertente sia pur con una punta di amaro dovuta alla tematica di come affrontare una morte imminente, una sorta di prova generale su come ognuno dovrebbe vivere la propria vita considerando la morte come elemento che ne fa inevitabilmente parte. Un film dunque basato su una sequenza continua di situazioni tragicomiche, rese particolarmente divertenti grazie alla bravura indiscussa di Fabrice Luchini alla quale si aggiunge quella altrettanto valida di Patrick Bruel, attori oramai ben collaudati soprattutto nel genere della cosiddetta “commedia alla francese”. Una regia molto attenta, che riesce a raccontare la storia di un’amicizia vera, sincera, tra due persone caratterialmente opposte ma così indissolubilmente unite: due mondi eterogenei ma proprio per questo complementari, che riescono a dialogare seppur in situazioni drammatiche, in cui ognuno pensa alla morte dell’altro per rendere quei giorni passati insieme indimenticabili.
Inutile sottolineare come il cinema francese riesca oggi a confezionare dei piccoli gioielli cinematografici partendo da plot a volte quasi inconsistenti o, come in questo caso, non del tutto originali.
Se ne consiglia la visione.
data di pubblicazione:20/09/2020
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L’equivoco su cui gioca il film dura certamente troppo (un’ora e mezzo) ma si è disposti a perdonare questa pecca e la relatività originalità della trama (deja vu l’intreccio di due amici di cui uno malato, in questo caso tutti e due) per la brillantezza dei dialoghi, per la vivacità della sceneggiatura e la grande prova attoriale dei due protagonisti. Un film che fa ridere e che commuove anche. Di questi tempi grasso che cola.