(Teatro Quirino – Roma, 11/23 dicembre 2018)
Venuta a conoscenza del tradimento del marito con la moglie del suo scrivano Ciampa, Beatrice Fiorica organizza la sua vendetta, mettendo sulla pubblica piazza i fatti. Inutili i tentativi dei suoi familiari e del delegato Spanò nel dissuaderla dal suo progetto: lo scandalo scoppia. Sarà Ciampa a occuparsi di riaccordare le note impazzite di questo dramma privato che tale deve rimanere.
Nato dalla fusione di due novelle, come spesso è accaduto per i drammi pirandelliani, Il berretto a sonagli è uno dei testi dove la poetica del drammaturgo siciliano appare in tutta la sua complessità e chiarezza. Il contesto di una Sicilia primo novecentesca è solo il pretesto sul quale si appoggia un dramma intimo e devastante come quello di Ciampa, eroe per eccellenza come lo sono tanti personaggi di Pirandello. Le scene, che in questa produzione richiamano un gusto orientale, frutto del lavoro della giovane artista giapponese Keiko Shiraishi, che ambienta il primo atto in un giardino realizzato con degli alberi dipinti su grandi paraventi, non hanno un particolare valore simbolico, quanto suggeriscono una semplice scelta estetica. La visione registica verte invece sull’affermazione del testo e della parola, affidata soprattutto a una voce importante e profonda di un bravo Sebastiano Lo Monaco, regista anche della pièce. Il suo è un Ciampa giovane che ha appena passato la quarantina, ancora nel pieno delle forze e della dignità. Non è un personaggio quindi anziano, come spesso è stato rappresentato da grandi interpreti nel passato, e si fa più chiaro e forte il suo dolore e la volontà di mascherare e confondere il suo dramma del tradimento della moglie. Ha ancora molto da perdere in immagine, un percorso sociale ancora da svolgere, un amore ancora da mantenere, seppure questo in forma di recita. Sua rivale sulla scena l’altra vittima dell’adulterio, Beatrice, interpretata da Marina Biondi, brava nel ripetere la rabbia legata all’offesa, anche se la scelta di gridare il suo dolore fin dall’inizio ha bruciato e consumato troppo in fretta lo sviluppo del personaggio, rendendolo piatto e a tratti sgradevole.
Spazio anche alla commedia, con un contorno di attori ai quali è stato caricato l’aspetto comico e grottesco del personaggio, per meglio contrastare il paradosso di una società costruita sul buon senso e sul falso perbenismo a scapito del vero dramma della coscienza.
Un classico da vedere e da apprezzare in una versione ragionata e coraggiosa.
data di pubblicazione:13/12/2018
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