Sul finire di una primavera dalle temperature decisamente estive arriva sul grande schermo il film I figli della notte opera prima di Andrea De Sica che ci porta in un luogo lontano e isolato sulle montagne innevate del Belgio.
Giulio (Vincenzo Crea) adolescente della (presumiamo) Roma bene un pò scapestrato viene costretto dalla madre – impegnatissima top manager dell’azienda di famiglia che è spesso lontana da casa, anche per trasferte lavorative all’estero come l’impegnativo viaggio di lavoro in Turchia – a frequentare un prestigioso collegio sulle Alpi, dedicato ai giovani rampolli delle famiglie borghesi italiane che hanno avuto qualche problemino nella scuola pubblica o nel contesto sociale in cui vivono. Il collegio si presenta come l’eccellenza didattica nel campo della formazione dei futuri esponenti della classe dirigente, ma in realtà è una sorta di riformatorio che dietro le lunghe sessioni di studio e di lezioni di scienze delle finanze, di micro e macro economia, adotta metodi “educativi” al confine con l’illecito, in completo spregio della privacy, per riportare sulla “presunta” retta via gli adolescenti più o meno problematici.
Se in un primo momento Giulio, brillante studente, soffre l’ambiente glaciale dell’istituto e la lontananza forzata dall’amata madre – che non lo raggiungerà nemmeno per le vacanze di Natale -, grazie al nuovo compagno di studi Edoardo (Ludovico Succio), che fin da subito aveva attirato la sua attenzione, riesce a convivere con i “demoni” della struttura scolastica. Proprio grazie alle ore trascorse con Edoardo Giulio comprenderà che i professori, come Mathias (Fabrizio Rongione) – anche lui ex alunno del collegio – spiano tutti i loro movimenti, anche durante la notte, quando questi ragazzi si affidano all’ombra e alla presunta assenza di sorveglianza per vivere e lasciarsi andare senza freni inibitori, in completa rottura con i rigidi insegnamenti, consigli e ritmi imposti di giorno dai loro insegnanti. Ed è durante la notte che Giulio ed Edoardo si imbattono in un locale, una discoteca-bordello (frequentato anche da alcuni professori), e iniziano a conoscersi meglio e, sempre durante queste notti, Giulio si innamora di una delle prostitute della casa a luci rosse, Elena (Yuliia Sobol).
Ha così inizio un turbine di emozioni che mettono a dura prova l’equilibrio di Giulio compresso fra l’amicizia con il migliore amico Edoardo, l’attrazione per Elena e il giudizio severo del prof. Mathias e quello della lontana madre. Da questo vortice complesso si susseguiranno una serie di eventi molto duri, tra cui il suicidio di Edoardo, che alla fine trasformeranno Giulio in quel prototipo freddo, spietato e senza scrupoli di coscienza che un giorno sarà a capo della classe dirigente del futuro. Dunque, in spregio delle “vittime”, delle trasgressioni e del prezzo pagato, il percorso formativo sembrerebbe aver raggiunto un risultato finale eccellente, ma sarà davvero così? Il film di Andrea De Sica colpisce per la bravura degli attori, tutti giovanissimi – tra loro l’interprete del protagonista Giulio, Vincenzo Crea, impressiona per il volto così somigliante ai De Sica, mentre decisamente perfetta seppur per un ruolo minore è l’interpretazione dello studente napoletano Paolo (Luigi Bignone) che farà un’uscita di scena strepitosa e surreale – e per una regia matura, dura che tiene fino all’ultimo in tensione lo spettatore, nonostante nella parte centrale e durante la seconda parte del film ci siano almeno tre momenti di smarrimento.
Il finale riesce a riassestare questi momenti chiudendo il cerchio della trama. I figli della notte non sembra un film propriamente italiano e ha un respiro internazionale. Peccato per qualche sbavatura e alcune lungaggini/esitazioni eccessive nella seconda parte, specialmente quelle sul rapporto tra Giulio e Elena, che rischiano di compromettere l’efficacia del film che comunque alla fine c’è e arriva al pubblico.
Un buon esordio dunque per il giovane De Sica, nipote del mitico Vittorio!
Data di pubblicazione: 03/06/2017
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Ambientazione a parte, decisamente insolita e inaspettata per un film italiano, la grande novità di questo film mi è sembrata il racconto della tormentata adolescenza non di ragazzi emarginati provenienti da bassi strati sociali, a cui siamo decisamente abituati , ma quella di un gruppo di “figli di papà” prossimi rappresentanti di una classe dirigente e imprenditoriale con un destino già deciso a tavolino da genitori e insegnanti, destino a cui è difficile sottrarsi (se non con il suicidio, come avviene per Edoardo). E a questa ineluttabilità della sorte che ce li fa guardare con occhi più teneri, sarà difficile sottrarsi anche per un animo sensibile come quello di Giulio che finirà per rispondere talmente bene al percorso formativo e comportamentale da diventare un mostro di freddezza e determinazione. Bellissimo esordio di un nipote d’arte
Film non banale, duro, sorprendente che ricorda a tratti, seppur senza scimmiottare nulla e forse per volere dello stesso giovane regista, ambientazioni di film famosi: il collegio assomiglia all’Overlook Hotel di Shining sia nella facciata che negli inquietanti corridoi, mentre ricorda nelle regole restrittive e nelle conseguenti ribellioni ad esse l’indimenticabile college Welton de L’attimo Fuggente. Concordo con l’asserzione che si tratti decisamente di un buon esordio, considerando la marea di banalità, soprattutto italiche, in circolazione.